La donazione è definita ai sensi dell’art. 769 c.c. il contratto con il quale per spirito di liberalità una parte arricchisce un’altra, o disponendo a favore di questa di un proprio diritto, presente nel patrimonio (di regola a carattere reale, come la trasmissione della proprietà di una somma di denaro o di titoli o di mobili) ovvero assumendo nei suoi confronti un’obbligazione.
Elementi essenziali della donazione sono, quindi, lo spirito di liberalità e l’arricchimento.

Lo spirito di liberalità
Lo spirito di liberalità o animus donandi, che costituisce la causa del contratto di donazione, si identifica nell’intento di donare, quale volontà del donante di compiere a favore di un altro soggetto un’attribuzione patrimoniale gratuita, priva cioè di controprestazione. Esso consiste, dunque, secondo la giurisprudenza, nella coscienza del donante del compimento di un’elargizione patrimoniale ad altri in assenza di un vincolo giuridico che determini tale comportamento (Cass. 16-10-76 n. 3526). Pertanto, lo spirito di liberalità di cui all’art. 769 c.c. si identifica non con un intento benefico o altruistico, ma con lo scopo obiettivo che si raggiunge attraverso il negozio e che ne costituisce, come detto,la causa, ossia la gratuita attribuzione del bene o del diritto al donatario.
Da ciò deriva, poi, l’ irrilevanza il motivo che ha indotto a disporre. Ne consegue che nel caso, ad esempio, di una donazione a favore di un ente benefico o della Chiesa è irrilevante che essa sia stata effettuata per motivi di natura religiosa o piuttosto per ragioni fiscali (detrazioni d’imposta).
Questa è la ragione per la quale è ammessa, ex art. 770 1° comma c.c., la c.d. donazione rimuneratoria, fatta cioè per riconoscenza o in considerazione dei meriti del donatario o per speciale rimunerazione.
Diversamente non può parlarsi di donazioni, per assenza dello spirito di liberalità, nell’ipotesi della c.d. liberalità d’uso, ossia per le attribuzioni fatte in occasione di servizi resi o comunque in conformità agli usi. E’ il caso, ad esempio, delle mance o dei regali natalizi ai professionisti da parte dei clienti.

L’arricchimento
Per aversi donazione, non basta, però il solo elemento soggettivo, costituito dallo spirito di liberalità e consistente nella consapevolezza di attribuire ad altri un vantaggio patrimoniale senza esservi in alcun modo costretti, ma occorre anche l’elemento oggettivo costituito dall’incremento del patrimonio altrui (arricchimento del donatario) ed il depauperamento di chi ha disposto il diritto o assunto l’obbligo (impoverimento del donante). (Cass. 26-05-2000, n. 6994)
L’arricchimento, ossia l’incremento del patrimonio del donatario, può realizzarsi o disponendo a favore di un altro di un diritto (ad esempio trasmettendogli il diritto stesso, o altrimenti costituendo su tale diritto un altro diritto) oppure assumendo un’obbligazione verso il donatario (c.d. donazione obbligatoria), fatta esclusione per l’obbligo di facere; nel primo caso la donazione sarà ad effetti reali, nel secondo caso ad effetti obbligatori.

Donazione indiretta e donazione dissimulata
Lo scopo di arricchire un’altra persona, con l’intento di compiere a suo favore un’elargizione patrimoniale, si può raggiungere anche mediante atti indiretti ed alternativi alla donazione, ossia avvalendosi di negozi che hanno una causa, in senso tecnico giuridico, diversa da quella tipica del contratto di donazione.
Si parla, in questi casi di donazione indiretta.
Secondo l’interpretazione giurisprudenziale rientra nella donazione indiretta qualsiasi liberalità che venga attuata, anziché attraverso il tipico negozio diretto della donazione, attraverso un negozio oneroso, che produce in concomitanza con l’effetto diretto che gli è proprio, l’effetto diretto dell’arricchimento senza corrispettivo, animo donandi, del destinatario di liberalità (Cass. 16-10-70 n. 2054).
Caso tipico e piuttosto frequente di donazione indiretta è l’acquisto di un immobile per il figlio da parte del genitore.
Caratteristica della donazione indiretta è che, poiché non dà luogo ad un vero e proprio contratto di donazione, essa non è soggetta a tutte le regole che il codice stabilisce per tale tipo di negozio; in particolare è velia anche se non è fatta nella forma dell’atto pubblico.
Tuttavia, poiché essa costituisce sempre una liberalità, essa può essere oggetto di riduzione e collazione, qualora risulti lesiva dei diritti dei legittimari ed è sottoposta a anche a revocazione per ingratitudine o per sopravvenienza di figli.