Attenzione mogli battagliere: vendicarsi dell’ex marito portandolo in Tribunale può costare caro! Il Tribunale di Varese, Sezione 1^ Civile, con la sentenza n. 98 del 21.01.2011 ha voluto dare una condanna esemplare ad una ex moglie che aveva proposto opposizione a decreto ingiuntivo pur nella piena consapevolezza della totale infondatezza dell’opposizione stessa.

Il Tribunale in questa sede ha considerato assolutamente deprecabile il comportamento dei due coniugi (in particolare quello della moglie) che, trovandosi in buone condizioni economiche e avendo natura litigiosa, in due anni hanno instaurato ben quattro procedimenti giudiziari:

  • Separazione giudiziale
  • Procedimento ex art. 615 c.p.c. (opposizione all’esecuzione)
  • Recupero del credito
  • Opposizione a decreto ingiuntivo.

Quest’ultimo procedimento, in particolare, è stato proposto da Tizia pur nella consapevolezza della natura del contratto oggetto del procedimento e del suo impegno a restituire il bene (oggetto di c.d. comodato d’uso, dunque con obbligo di restituzione su richiesta del proprietario o, al massimo, entro il termine stabilito dal Giudice, ex art. 1811 cod. civ.);  pertanto, l’intenzione è stata esclusivamente quella di “fare un dispetto“.

Il Giudice ha richiamato la recente sentenza n. 19499 del 16.07.2008 resa dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite, secondo la quale “tutte le istituzioni del Paese da tempo annoverano la inappagante funzionalità della giustizia civile (la quale dipende soprattutto dai lunghi tempi di definizione, a sua volta correlati alla variabile niente affatto dipendente del numero delle cause promosse) fra le ragioni di uno sviluppo inferiore a quello possibile, segnatamente sotto il profilo dell’abbassamento della propensione agli investimenti”.

In sostanza, le liti temerarie – a parere del Giudice – costiuiscono un danno per l’intera collettività, poichè il carro giudiziario rallenta (si pensi ai costi che lo Stato sostiene per il pagamento dell’indennizzo ex L. 89/2001, c.d. “Legge Pinto“). Proprio per questo motivo, l’art. 45 della L. 18.05.2009 n. 69 ha aggiunto il 3^ comma all’art. 96 cod. proc. civ. (Responsabilità aggravata), a norma del quale “In ogni caso, quando pronuncia sulle spese ai sensi dell’art. 91 (Condanna alle spese), il giudice, anche d’ufficio, può altresì condannare la parte soccombente al pagamento, a favore della controparte, di una somma equitativamente determinata“.

Secondo la giurisprudenza di merito prevalente (inclusa quella del Tribunale di Varese) la ratio della norma sopra citata è quella di scoraggiare il fenomeno dell’abuso del processo, e la sua natura è sanzionatoria; l’abuso del processo, infatti, causa un danno diretto al litigante (a causa del ritardo nell’accertamento della verità) e un danno indiretto all’erario (a causa del generale allungamento dei tempi dei processi, che fa insorgere l’obbligo di pagamento dell’indennizzo di cui alla L. 89/2001 sopra cit.).

Per questi motivi, il Tribunale di Varese ha condannato Tizia al pagamento delle spese di lite e di una pena pecuniaria dell’importo di Euro 10.000,00 in favore dell’ex coniuge.

Questa linea dura costituirà un deterrente per gli ex coniugi (soprattutto quelli le cui condizioni economiche lo consentono) che intendono fare del contesto giudiziario un campo di battaglia ?

Staremo a vedere.


Roma, 04.02.2011                                                Avv. Daniela Conte