Per separarsi o divorziare non è necessaria la volontà di entrambi i coniugi, ben potendo la frattura dipendere dalla condizione di disaffezione e distacco di una sola delle parti, tale da rendere intollerabile la convivenza, pur desiderando l’altro coniuge continuarla.

Come precisa il Codice Civile la separazione si fonda sull’intollerabilità della prosecuzione della convivenza o sul grave pregiudizio all’educazione dei figli a causa della continuazione della convivenza stessa.

Diversamente la legge n. 898/1970 che disciplina il divorzio (che può essere richiesto decorsi 3 anni dall'udienza di comparizione dei coniugi dinanzi al presidente del Tribunale chiamato a statuire sulla separazione) richiede come presupposto l'impossibilità di mantenere o ricostruire la comunione spirituale e materiale tra i coniugi.

Ma qual è il significato di questi termini? In estrema sintesi in entrambi i casi non si vuole più condividere il proprio percorso di vita con l’altro coniuge.

C’è sempre un pizzico di rammarico nello scrivere articoli come questo, ma è opportuno sfatare quelle credenze che ancora riguardano troppe persone, convinte di non potersi separare senza il consenso dell’altro coniuge.

Nello specifico il giudice di legittimità si è pronunciato sul caso di una donna ultrasessantenne, con figli, che dopo anni di insofferenza nei confronti del marito ha deciso di concludere il percorso comune con il coniuge, che ormai comune non era più, in considerazione del distacco che aveva maturato nei confronti del marito. Nello specifico la donna ha dichiarato nel proprio atto costitutivo di non sopportare più il marito e di volersi separare da lui, e tale atteggiamento ha continuato a mantenere durante lo svolgimento del processo. Il marito non aveva commesso gesti eclatanti o tradimenti, ma come può accadere i coniugi erano diventati due estranei fra loro.

Detta condotta ha portato alla pronuncia della separazione, senza addebito (quindi senza responsabilità esclusive) nei confronti di nessuno dei due coniugi, e con il riconoscimento di un assegno di mantenimento a favore della moglie per consentirle di mantenere il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio in quanto coniuge economicamente più debole.

In conclusione l’intollerabilità esiste non solo quando viene riconosciuta da entrambi i coniugi, ma anche quando, nonostante il tentativo di conciliazione, uno dei due insista nel chiedere la separazione. Non è necessaria, quindi, la sussistenza di una situazione di conflitto riconducibile alla volontà di entrambi, ben potendo la frattura dipendere dalla condizione di disaffezione e distacco di una delle parti (cfr. Cass. Civile, sent. n. 1164/14).