Laddove la moglie non sia dedita ad alcuna attività di lavoro durante la ultraventennale convivenza coniugale" occorre valutare la posizione economica, indubbiamente più agiata, connessa all'attività libero - professionale esercitata dal marito, concludendo, pertanto, per la configurabilità di un apprezzabile deterioramento delle condizioni economiche dell'intimata, in conseguenza dello scioglimento del matrimonio, tale da giustificare l'imposizione a carico del ricorrente dell'obbligo di corrispondere un contributo volto a ristabilire l'equilibrio tra le parti.
L'accertamento del diritto all'assegno di divorzio va effettuato verificando l'inadeguatezza dei mezzi (o l'impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive), raffrontati ad un tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio, o che poteva legittimamente e ragionevolmente fondarsi su aspettative maturate nel corso del matrimonio, fissate al momento del divorzio. Nella individuazione di tali aspettative, deve tenersi conto unicamente delle prospettive di miglioramenti economici maturate nel corso del matrimonio che trovino radice nell'attività all'epoca svolta e/o nel tipo di qualificazione professionale e/o nella collocazione sociale dell'onerato, e cioè solo di quegli incrementi delle condizioni patrimoniali dell'ex-coniuge che, come nella specie, si configurino come ragionevole sviluppo di situazioni e aspettative presenti al momento del divorzio (Cass., 19 novembre 2010, n. 23508; Cass. 4 ottobre 2010, n. 20582; Cass., 26 settembre 2007, n. 20204).
In caso di aumento dei redditi del coniuge onerato dal momento della separazione a quello del divorzio, il giudice può stabilre un incremento dell'assegno divorziale, in misura differenziata e superiore a quella già statuito in sede di separazione (cfr. Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 20 marzo – 17 settembre 2014,n. 19529)