La materia della separazione e del divorzio in Italia è stata interessata dalla recente Riforma Cartabia (decreto legislativo 149/22), che è intervenuta introducendo delle norme ad hoc nel codice di procedura civile (artt. 473 bis da 47 a 51), in parte in sostituzione della precedente normativa e in parte apportando delle importanti modifiche, di cui andremo a parlare oggi.
Le nuove norme si applicano a partire dal 1° Marzo 2023, quindi alla data odierna sono già rodate da otto mesi.
In primo luogo, vi è stato un adeguamento anche linguistico alla realtà contemporanea: definitivamente in soffitta il termine divorzio, ormai si parla di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio (due ipotesi in verità distinte ma accomunate nella considerazione popolare); inoltre, spazio anche allo scioglimento delle unioni civili; infine, si prevede anche di regolamentare l’esercizio della responsabilità genitoriale (ossia la vecchia patria potestà).
Dove si svolge oggi il processo di separazione o divorzio (meglio, di scioglimento o cessazione degli effetti civili), di scioglimento dell’unione civile, o di regolamentazione della responsabilità genitoriale? Nessuna novità sotto questo profilo. Il primo criterio è eventuale, nel senso che dipende dalla presenza di figli nella coppia: in tal caso, la competenza è quella del tribunale della dimora abituale del o dei minori, o dell’ultima dimora abituale se attualmente il minore si è trasferimento altrove ma da meno di un anno. In mancanza di figli minori, si seguono le regole ordinarie di individuazione della competenza territoriale: residenza del convenuto (sottointeso anche la dimora non abituale ma certa, o il domicilio regolarmente eletto), o la residenza (o dimora o domicilio) dell’attore (se il convenuto non si trova o se risiede all’estero), o qualsiasi tribunale se anche l’attore risiede all’estero.
Sempre obbligatorio, sia per l’attore che per il convenuto, allegare al proprio atto introduttivo (rispettivamente ricorso e comparsa di costituzione e risposta) la documentazione riguardante la propria condizione economica, e quindi dichiarazioni dei redditi degli ultimi tre anni, estratti conto bancari e finanziari con stesso arco temporale, documentazione su titolarità di diritti reali (proprietà, usufrutto, uso e abitazione, enfiteusi, diritto superficiario) su immobili o mobili registrati (veicoli, natanti), o di quote sociali. In questo caso si è normativizzata una prassi ormai consolidata da anni.
E veniamo alla vera e propria novità in materia introdotto dalla Riforma Cartabia, ossia la possibilità di cumulare più domande nello stesso atto, ossia separazione e “divorzio” (ma non è prevista la possibilità di cumulare separazione e scioglimento dell’unione civile, basandosi su presupposti diversi, rispettivamente matrimonio e appunto unione civile).
La parte (la norma parla di parti, quindi non solo chi introduce un giudizio di separazione giudiziale, ma anche il convenuto che si costituisce in risposta) può chiedere, insieme alla separazione, anche lo scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio (e le domande ad esse connesse, ossia affidamento dei figli, assegno di mantenimento e divorzile). In questa possibilità di cumulo vi è una accelerazione dell’intero processo di dissoluzione del vincolo matrimoniale, in quanto si prevede che, decorso il termine di iato dal passaggio in giudicato della sentenza che decide sulla separazione personale (siamo quindi sempre nella ipotesi di separazione giudiziale), possa proporsi la domanda di divorzio.
La prima udienza (per la separazione) verrà fissata, tendenzialmente, a non oltre 90 giorni dal deposito del ricorso introduttivo; viene eliminato il passaggio dell’udienza presidenziale (col tentativo di riconciliare le parti, ormai una formalità che non riserva quasi mai sorprese). Introitato il procedimento a sentenza, si attenderà il decorso di sei mesi (se non ci sono figli minori, o maggiorenni non autosufficienti), o di un anno (se ci sono) dal deposito della sentenza (che nel frattempo passi in giudicato), oppure dal deposito del decreto di omologa (se le parti riescono a condurre una separazione consensuale), prima di poter riassumere il giudizio di separazione/divorzio dinanzi al giudice (normalmente, lo stesso giudice, ma potrebbero sorgere questioni tecniche di competenze se nel frattempo le residenze fossero finite “fuori” dal circondario di competenza del precedente giudice) e ottenere infine la sentenza di divorzio (rectius, scioglimento o cessazione effetti civili).
Tutto molto snello, a patto che (soprattutto nell’ipotesi contenziosa) non sorgano questioni che rendano il procedimento di separazione un percorso a ostacoli (ma questo chiaramente non ha nulla a che vedere con i tempi di attesa fra separazione e divorzio, ridotti all’osso rispetto al passato)