Una delle più importanti novità della recente novella sul processo civile è senza dubbio rappresentata dalla negoziazione assistita in tema di separazioni personali e divorzi, introdotta dal D.L. 2014/132  convertito in L. 2014/162, in funzione deflattiva del contenzioso civile, attraverso la promozione in sede stragiudiziale di procedure alternative alla ordinaria risoluzione delle controversie civili, in cui un ruolo di fondamentale importanza è assegnato all'avvocato.
Trattasi di una  scelta politica  che valorizza tale figura professionale, in nome della avvertita esigenza del legislatore, resa evidente nella relazione al decreto legge suddetto, di ridurre il numero delle cause che quotidianamente vengono iscritte presso i  Tribunali della penisola, con indebiti vantaggi per la velocità del processo, in attuazione dei principi costituzionali della sua ragionevole durata.
Come è stato efficacemente ritenuto dai primi commentatori della Riforma, l'avvocato diventa anche un negoziatore dei conflitti, non più solo esperto del contenzioso e delle relative procedure ma soprattutto capace di elaborare soluzioni alternative al problema del proprio cliente, con vantaggi per i relativi costi e tempi necessari.
Nella relazione al D.L. 2014/132  si legge, infatti, " che l'Avvocato è attore primario nel contesto della Amministrazione della Giustizia, chiamato alla responsabilità di un fattivo concorso alla deflazione preventiva del contenzioso civile mediante gli strumenti allo scopo introdotti". Dipenderà, quindi, anche dalla sensibilità ed impegno, in questo senso, dell'avvocato il successo della Riforma in questione, vista come una sorta di ultimo tentativo di velocizzare la giustizia.
Detto questo,  l'art. 6 D.L. 2014/132, come modificato dalla legge di conversione 2014/162, prevede la possibilità di una convenzione assistita (da  almeno un avvocato per parte, inciso introdotto dalla legge di conversione) che i coniugi possono concludere al fine di raggiungere una soluzione consensuale  in materia di separzione personale, di cessazione degli affetti civili del matrimonio o del suo scioglimento, nei casi di cui all'art. 3, primo comma, numero 2), lettera b) della L.1/12/1970 n.898 e successive modifiche, di modifica delle condizioni di separazione e di divorzio.
Come si vede, il ventaglio delle ipotesi, ove è possibile il ricorso allo strumento alternativo di soluzione delle controversie de quibus, è molto ampio e riguarda, in pratica, la stragrande maggioranza delle situazioni di conflitto fra i coniugi che, nell'intenzione del legislatore si spera possano avere composizione al di fuori del processo.
La disposizione in esame  prevede, in ogni caso, sia in presenza che in assenza di figli minori, maggiorenni non  economicamente autosufficienti, portatori di handicap grave, per i quali ultimi viene fatto riferimento all'art.3 comma 3 L.5/2/1992 n. 104, l'intervento obbligatorio  del Procuratore della Repubblica, invero modellato, per quanto attiene la sua ratio, all'art. 70 cpc, ma che si attua , a motivo del particolare tipo del procedimento de quo, attraverso la forma del preventivo nulla osta o della autorizzazione (art. 6 , 2° comma , prima e seconda parte).
Vale la pena soffermarci brevemente su tale novità, introdotta dalla legge di conversione.
Orbene, la previsione del rilascio preventivo del nulla osta o della autorizzazione, nell'ambito della negoziazione assistita in questione,  appare  dettatta  per svolgere la stessa funzione del P.M. interveniente  nel giudizio civile, ossia  quella di assicurare il controllo della legalità e , quindi, di garantire che l'interesse delle parti  sia meritevole di tutela , in quanto ordinato nel rispetto della puntuale applicazione della legge.
Va notato  che il nulla osta o la autorizzazione del PM  sono rilasciati anche nei casi di modifica delle condizioni di separazione o divorzio, nulla precisando, al riguardo, l'articolo in esame, a differenza di quanto accade allorchè detta modifica  è richiesta in un ordinario giudizio, laddove l'intervento del PM non è necessario, secondo quanto previsto dall'art. 710 cpc, salvo la ipotesi in cui la modifica riguardi i provvedimenti concrenenti la prole, in virtù del decisum della Corte Costituzionale 1992/416.
La  ricordata funzione di garanzia del PM impone, quindi, che quest'ultimo debba negare il nulla osta (nei casi  di cui al secondo comma , prima parte dell'art. 6 D.L. 2014/132) allorchè l'accordo di negoziazione non rispetti le condizioni di legge, ad esempio  quando il PM  acerti (se riesce a farlo, dato che la qualcosa risulta difficile) che la separazione è simulata ( ciò accade tavolta  per essere attuata per motivi fiscali o per godere di particolari benefici economici elargiti dallo Stato) ovvero, in  caso di divorzio quando vi è stata riconciliazione, taciuta dalle parti, e, quindi, non si sono verificate le condizioni previste dalla L. 1970/898 e successive modifiche.
Per quanto riguarda la posizione dei c.d. soggetti protetti (minori, maggiorenni non economicamente autosufficienti, portatori di grave hadicap) è espressamente previsto che il PM rilasci la  autorizzazione quando l'accordo corrisponde all'interesse dei figli: in caso contrario, entro 5 giorni, lo trasmette al Presidente del Tribunale  che fissa, entro i successivi 30 giorni, la comparizione delle parti , provvedendo poi senza ritardo , con successiva trasmissione dell'accordo all'  Ufficiale dello Stato civile ai sensi del comma 3 dell'art. 6 D.L. 2014/132. Disposizione, questa, che si rileva molto opportuna nel quadro della rilevanza degli interessi di tali soggetti.
E' ragionevole ritenere che laddove il PM reputi di non rilasciare il nulla osta, fuori degli esempi testè ricordati (simulazione/ riconciliazione , per cui vi è poco da fare trattandosi di  fattispecie contra legem), possa "rimandare " l'accordo alle parti per un rinegoziazione. Cosa che    potrebbe verificarsi, ad esempio,  allorchè il PM  valuti essere del tutto  incongruo, alla luce delle condizioni delle parti, l'assegno di mantenimento stabilito consensualmente a favore di un coniuge.
Ai sensi del comma 3 dell'art. 6, l'accordo raggiunto, a seguito della convenzione, produce gli effetti e tiene luogo dei provvedimenti giudiziali che definiscono i procedimenti di separazione personale, di cessazione degli effetti civili del matrimonio e di modifica delle condizioni di separazione e divorzio.
Va rammentato che nell'accordo si deve dare atto che gli avvocati hanno tentato di conciliare le parti e le hanno informate della possibilità di esperire la mediazione familiare nonchè della importanza per il minore di trascorrere tempi adeguati con ciascun genitore.
E' appena il caso di rilevare, a tale ultimo riguardo, che per l'omessa  indicazione di tali circostanze non è prevista alcuna sanzione: ma  ciò non toglie che, per questo, il PM possa negare il richiesto nulla osta od autorizzazione all'esito del controllo circa il rispetto dell'accordo alle condizioni di legge, a cui riteniamo si possa ovviare rimandandolo alle parti per le necessarie rettifiche e/o rinegoziazioni. 
Perplessità suscitano le modalità di trasmissione  dell'accordo all'Ufficiale dello Stato Civile, il cui mancato adempimento comporta per gli avvocati l'applicazione di una pesante sanzione pecuniaria, da Euro 2.000,00= ad euro 10.000,00= .
La qualcosa non è senza rilevanza e, quindi, particolare attenzione va posta alla questione.
Orbene, l'art. 6, comma 2 D.L. cit. non sembra essere molto chiaro nell'indicare gli esatti termini per la trasmissione dell'accordo all'Ufficiale dello Stato Civile del Comune in cui il matrimonio  fu iscritto o trascritto.
Detto accordo, infatti, che deve essere munito delle ceritificazioni di cui all'art. 5 (autografia delle firme delle parti e la conformità della convenzione alle norme imperative ed all'ordine pubblico),nella ipotesi di presenza  di figli minori e degli altri soggetti protetti, deve essere tarsmesso entro 10 giorni al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale competente, il quale, quando ritiene  lo stesso rispondere all'interesse dei figli, lo autorizza, in caso contrario, lo trasmette , entro 5 giorni, al Presidente del Tribunale per un procedimento, per così dire differito, all'esito del quale  la convenzione raggiunta viene trasmessa entro 10 giorni all'Ufficiale dello Stato Civile, per espressa previsione dell'ultima parte del comma 2 ( "all'accordo  autorizzato si applica il comma 3")
Nella altra ipotesi, ossia in macanza di figli,  non  è riscontrabile una simile previsione in quanto la norma (comma 2, prima parte dell'art. 6) sancisce solo che l'accordo debba essere trasmesso al PM il quale, se non ravvisa irregolarita," comunica agli avvocati il nulla osta per gli adempimenti ai sensi  del comma 3."
Ragioni logiche e sistematiche fanno senz'altro ritenere  che il termine per la trasmissione dell'accordo all'Ufficiale dello Stato Civile, munito del nulla osta del PM, ancorchè non espressamente indicato come nella suddetta ipotesi, sia sempre quello di 10 giorni decorrenti dalla comunicazione del nulla osta da parte del PM, come anche emerge dall'inciso suddetto del comma 2, prima parte dell'art. 6 D.L. cit.. Infatti dire che il nulla osta viene comunicato " per gli adempimenti di cui al comma 3" sta a significare che dal verificarsi della condizione presupposta (la comunicazione del nulla osta) dipendono gli adempimenti successivi (trasmsisione dell'accordo) che, quindi, decorrono  da tale momento.
Cerveteri 16.12.2014                          Avv. Antonio Arseni