Se in caso di modifica o revoca dell’assegno provvisorio di mantenimento il coniuge separato che ne abbia beneficiato sia tenuto o meno a restituire all’altro coniuge gli importi relativi riscossi medio-tempore (Cass. 16/11/2015 n° 23409)


Il tema non è nuovo nella giurisprudenza della Cassazione e ciclicamente si ripropone come nel caso deciso dalla sentenza in commento. Questo ha riguardato la complessa vicenda di un uomo che, a seguito di un lungo contenzioso, approdato per ben due volte avanti il Giudice di legittimità,  aveva visto confermato il suo obbligo di pagamento a favore della moglie determinato dal Tribunale in primo grado nel lontano 2006 in € 1.000,00=,  a nulla rilevando la circostanza relativa ai lavori di straordinaria manutenzione dall’uomo effettuati nell’appartamento di sua proprietà dove era andata ad abitare la moglie e la circostanza della morte della madre di quest’ultima che aveva determinato la modifica della sua situazione patrimoniale per cui aveva rinunciato alla domanda di assegno divorzile nel giudizio introdotto per la cessazione degli effetti civili del matrimonio.
Con la decisione in esame, gli ermellini hanno reputato l’esistenza di un difetto di interesse del ricorrente alla luce del fatto che le parti si erano nel frattempo divorziate con sentenza del Tribunale competente pronunciata nel settembre 2009 che aveva escluso, su concorde richiesta delle stesse, qualsiasi obbligo di contribuzione dell’ex marito e del principio della irripetibilità delle somme percepite dalla moglie fino alla vigenza dell’obbligo di mantenimento accertato in sede di separazione.
In particolare la Corte afferma “che in tema di separazione personale, la decisione che nega il diritto del coniuge al mantenimento o ne riduce la misura non comporta la ripetibilità delle maggiori somme corrisposte in forza di precedenti provvedimenti non definitivi qualora, per la loro non elevata entità, tali somme siano state comunque destinate ad assicurare il mantenimento del coniuge fino all’eventuale esclusione del diritto stesso o al suo affievolimento in un obbligo di natura solo alimentare e debba presumersi, proprio in virtù della modestia del loro importo, che le stesse siano state consumate per fini di mantenimento”.

Quindi, la decisione che nega il diritto del coniuge al mantenimento, ovvero ne riduce la misura, non comporta la ripetibilità delle somme maggiori corrisposte a tale titolo sino al formarsi del giudicato, considerata la natura solidaristica ed assistenziale dell’assegno di mantenimento, ontologicamente destinato ad assicurare i mezzi adeguati al sostentamento del beneficiario. Il quale ultimo, proprio per questo, non è tenuto ad accantonare una parte di quanto percepito in funzione della eventuale riduzione dell’assegno.

La condizione è che trattasi di somme non elevate, dato che una tale misura fa presumere che siano state consumate proprio per il sostentamento del medesimo (v. in questo senso anche Cass. 4198/1998; Cass. 28987/2008, Cass. 6864/2009; Cass. 23441/2013; Cass. 21675/2012; Cass. 15186/2015).

Lo stesso principio varrebbe per l’assegno divorzile allorché sia destinato nei fatti a soddisfare per la sua non elevata entità delle esigenze di carattere alimentare, non differenziandosi la qualcosa dall’assegno di mantenimento corrisposto in sede di separazione (v. Cass. 13060/2002).
Sarà compito del Giudice valutare la ricorrenza o meno, nel caso concreto, della ricordata condizione, unitamente a quelle ipotesi in cui debba essere esclusa l’applicazione del principio della irripetibilità in questione, in ragione di un particolare status del soggetto beneficiario o della esistenza di circostanze di fatto incompatibili con la funzione dell’assegno di mantenimento.

Così è stata ritenuta possibile la restituzione nel caso in cui il marito abbia corrisposto alla moglie un assegno per il mantenimento del minore (ma anche maggiorenne autosufficiente) ove si accerti che quest’ultimo non è suo figlio (Cass. 21672/2012) presupponendo l’azione di ripetizione il fatto che il minore si figlio di entrambi i coniugi separati e quindi la sussistenza di un dovere di mantenimento.

Lo stesso dicasi nel caso della sopravvenuta indipendenza economica del figlio maggiorenne che abbia continuato a beneficiare dell’assegno e per il periodo successivo alla raggiunta autosufficienza (Cass. 11483/2014). Dicembre 2015 Avv. Antonio Arseni


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