L'art. 155 quater, primo comma, del Codice Civile (introdotto dall'art. 1, comma 2, della legge 8 febbraio 2006, n. 54 - Disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli) prevede la revoca dell'assegnazione della casa familiare nel caso in cui l'assegnatario conviva more uxorio o contragga nuovo matrimonio.

Ci si chiede se tale revoca sia automatica in conseguenza della convivenza o del nuovo matrimionio dell'assegnatario, o se debba comunque tenere conto di altre circostanze.

Per rispondere al quesito, bisogna comprendere prima di tutto le finalità dell'assegnazione della casa familiare.

E' ormai pacifico che l'assegnazione della casa coniugale sia strettamente legata all'affidamento della prole. Tale principio è stato ribadito dalla Corte Costituzionale, che, con le sentenze n. 166 del 1998 e 394 del 2005, ha riconosciuto che detta assegnazione è strettamente funzionale all'interesse dei figli, specificando che gli obblighi di mantenimento ed educazione della prole, derivanti dalla qualità di genitore, trovano fondamento nell'art. 30 Costituzione, che richiama alla responsabilità genitoriale.

Il concetto di mantenimento comprende innanzitutto il soddisfacimento delle esigenze materiali, connesse  alla prestazione dei mezzi necessari per garantire un corretto sviluppo del figlio, tra le quali assume profonda rilevanza quella relativa alla predisposizione e conservazione dell'ambiente domestico, considerato quale centro di affetti, interessi e consuetudini di vita, che contribuisce in misura fondamentale alla formazione armonica della personalità della prole.

Sotto tale profilo, l'obbligo di mantenimento si sostanzia nell'assicurare ai figli l'idoneità della dimora, intesa quale luogo di formazione e sviluppo della personalità psico-fisica degli stessi.

L'attribuzione dell'alloggio, quindi, è senz'altro condizionata all'interesse dei figli.

Ne deriva che l'art. 155 quater del Codice Civile deve essere interpretato nel senso che la convivenza more uxorio o il nuovo matrimonio dell'assegnatario della casa non sono circostanze sufficienti, di per se stesse, a determinare la cessazione dell'assegnazione.

La revoca dell'assegnazione, infatti, è essere subordinata ad un giudizio di conformità all'interesse del minore (Corte Costituzionale sentenza 308/2008).