In sede di separazione una delle prime domande che le coppie si pongono riguarda l’affido dei figli minori e la regolamentazione del diritto di visita.

Per rispondere a queste domande si fa giustamente riferimento alla disciplina dell’affido condiviso e tutti citano, fra le altre, le disposizioni di cui agli artt. 337 ter e quater c.c. nell’assetto normativo ora disegnato dal D. Lgs. N. 154/2013.

In estrema sintesi, l’art. 337 ter c.c. impone al Giudice, nell’adottare i provvedimenti relativi alla prole, di fare esclusivo riferimento all’interesse morale e materiale della stessa.
Il successivo art. 337 quater prevede che: “Il giudice può disporre l’affidamento dei figli ad uno solo dei genitori qualora ritenga con provvedimento motivato che l’affidamento all’altro sia contrario all’interesse del minore”. Sull’affido condiviso si è tanto parlato; numerosi e importanti contributi in merito si possono facilmente reperire in dottrina e giurisprudenza, così come argomentazioni in ordine all’affido esclusivo, alla sua ratio ed applicazione ma di questo non voglio scrivere.

Io voglio ora invece ricordare l’art. 31 della Convenzione di Istanbul dell’11.05.2011 (Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica ratificata con L. n. 27.06.2013 n. 77) che spesso è dimenticato, nonostante il rango attribuito a tale fonte dalla Costituzione e che disciplina la custodia dei figli e il diritto di visita nel caso in cui vi siano stati episodi di violenza domestica-di genere.
Solo per citare la definizione di violenza domestica, essa si ravvisa ogniqualvolta vi siano atti di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica all’interno della famiglia o del nucleo familiare, o tra attuali o precedenti coniugi o partner.

L’Art. 31, rubricato “custodia dei figli, diritti di visita e sicurezza”, si compone di due commi:
I comma: “le Parti adottano misure legislative o di altro tipo necessarie per garantire che, al momento di determinare i diritti di custodia e di visita dei figli, siano presi in considerazione gli episodi di violenza che rientrano nel campo di applicazione della presente convenzione”

II comma: “le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo necessarie per garantire che l’esercizio dei diritti di visita o di custodia dei figli non comprometta i diritti e la sicurezza della vittima o dei bambini”.

Dunque in base all’art. 31 della Convenzione di Istanbul gli episodi di violenza non sono elementi privi di rilevanza nelle decisioni relative ai diritti di custodia e visita dei figli minori.
Il magistrato dovrà considerare gli episodi di violenza subiti nel corso del rapporto in un’ottica di punizione e soprattutto di prevenzione, con la conseguenza che:

– l’esercizio del diritto di visita o di custodia dei figli non deve compromettere la sicurezza e l’incolumità della vittima (di violenze) o dei bambini

– un uomo violento non deve poter utilizzare il diritto di visita al figlio come pretesto per incontrare la sua vittima esponendo quest’ultima e il bambino a pregiudizi.

In questi casi andrebbero quindi evitate le classiche situazioni di passaggio da un genitore all’altro, con l’autore delle violenze che si presenta presso l’abitazione della vittima o dei suoi congiunti più volte alla settimana per esercitare il suo diritto di visita nei confronti dei figli. Si dovrebbero limitare gli incontri fra genitori nelle dinamiche scolastiche o ludiche evitando il coinvolgimento di entrambi nell’assunzione delle decisioni a ciò inerenti e di quotidiana applicazione. E altro ancora.

Così facendo si dovrebbe proteggere la madre, rafforzandone l’autonomia e l’autodeterminazione in modo tale da consentirle una vita priva di condizionamenti basati sul genere, nonché tutelare maggiormente il minore, da considerarsi sempre una vittima anche per il solo fatto di aver assistito alle violenze.

Come sopra detto, si tratta ovviamente di disposizioni da tenere in considerazione non in caso di semplice conflitto fra coniugi, ma in situazioni differentemente patologiche caratterizzate da violenza domestica – di genere così come definita dalla Convenzione di Istanbul stessa all’art. 3 e di cui purtroppo non si smette ancora di parlare.