In questo contesto si colloca l’istituto giuridico della risoluzione per inadempimento, inserito dal legislatore del 1942 nell’articolo 1453 del codice civile che, tuttavia, non è applicabile per tutti i contratti. Infatti, l’istituto de quo è esperibile soltanto per una particolare categoria di essi ovvero per i contratti a prestazioni corrispettive o contratti“sinallagmatici”, siano essi tipici o atipici, c.d. innominati. Pertanto, ciò che giustifica la parte a richiedere ed ottenere la risoluzione del contratto per inadempimento è lo squilibrio del sinallagma contrattuale che è il legame reciproco che unisce la prestazione con la controprestazione. Ai fini dell’applicabilità della disciplina inerente alla risoluzione per inadempimento non è necessario che si tratti di un contratto con effetti esclusivamente obbligatori.

L’effetto giuridico della risoluzione è quello di sciogliere e, quindi, di far caducare il rapporto obbligatorio fra le parti contraenti, di regola con effetto retroattivo e, di conseguenza, con efficacia ex tunc fra le parti. Invece, la risoluzione nei contratti ad esecuzione continuata o periodica non estende i propri effetti giuridici alle prestazioni in precedenza eseguite e, quindi, ha efficacia ex nunc.

La domanda di risoluzione, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 1453 secondo comma codice civile, può essere domandata anche quando il giudizio è stato promosso per ottenere l’adempimento. Tuttavia, il secondo comma del sopraccitato articolo aggiunge che non può chiedersi l’adempimento quando è stata domandata la risoluzione.

In sintesi, in base all’articolo 1453, commi secondo e terzo, codice civile la domanda di risoluzione è munita anche di un effetto preclusivo. Infatti, a tal proposito, “dalla data della proposizione della domanda di risoluzione la parte inadempiente non può più adempiere la propria obbligazione”.

La risoluzione per inadempimento si verifica tutte le volte in cui l’obbligazione che vincola il debitore non è da quest’ultimo adempiuta.
L’articolo 1453, comma 1°, codice civile concede alla parte adempiente il diritto di agire in giudizio per richiedere al Giudice il risarcimento dei danni dalla parte inadempiente; tale risarcimento si riferisce al c.d.“interesse positivo”. La domanda di risarcimento dei danni per inadempimento contrattuale può essere proposta congiuntamente o separatamente da quella di risoluzione, giacchè l’art. 1453 codice civile, facendo salvo in ogni caso il risarcimento del danno, esclude che l’azione risarcitoria presupponga il necessario esperimento dell’azione di risoluzione del contratto o il suo accoglimento (Cassazione Civile, SezioneI, Sentenza  del 27 Ottobre 2006, n. 23273).

La risoluzione per inadempimento, pur essendo una regola generale, può essere derogata, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 1455 del codice civile, alla specifica condizione che “l’inadempimento di una delle parti contrattuali abbia scarsa importanza, avuto riguardo all’interesse dell’altra”.

Inoltre, la giurisprudenza afferma che la risoluzione giudiziale del vincolo contrattuale per inadempimento non può essere pronunciata dal Giudice qualora le inadempienze siano equivalenti fra i contraenti. Di conseguenza, gli inadempimenti reciproci non sono il presupposto per la risoluzione del contratto, a meno che un singolo inadempimento prevalga sull’altro.

I criteri per valutare l’importanza dell’inadempimento sono due, precisamente, uno di carattere oggettivo, l’altro di carattere soggettivo.

Si può affermare che la risoluzione del contratto è una reazione accordata dall’ordinamento giuridico nei confronti di un turbamento dell’equilibrio sinallagmatico.

Di particolare importanza è la differenza tra il ritardo nell’adempimento e l’inadempimento definitivo. La prima situazione è ancora recuperabile e deve, quindi, necessariamente svilupparsi per sfociare nella prestazione di quanto dovuto oppure nell’inadempimento. Al contrario l’inadempimento definitivo preclude al debitore la concreta possibilità di adempiere il contratto.
Infatti, per aversi inadempimento definitivo, l’articolo 1453 codice civile postula che l’inadempienza sia realmente sussistente, colposa e grave, così da giustificare la risoluzione del contratto.

Inoltre, in tema di prova dell’inadempimento di una obbligazione, il creditore che agisce per la risoluzione del contratto, per il risarcimento del danno oppure per l’esatto adempimento della prestazione dedotta nel regolamento negoziale, deve unicamente provare iuris et de iure la fonte del suo diritto ed il relativo termine di scadenza. Più in dettaglio si deve limitare alla semplice allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte. Invece, il debitore-convenuto è gravato dall’onere della prova del fatto di avere eseguito in modo satisfattivo l’altrui pretesa ovvero di avere“compiuto” la prestazione dedotta in contratto e, quindi, l’oggetto dell’obbligazione.

Infine, il termine prescrizionale della risoluzione per inadempimento è quello ordinario di dieci anni, poiché non risulta normativamente espresso un diverso termine speciale. La fissazione del dies a quo per il suddetto termine viene calcolata con il decorso del tempo dal momento dell’inadempimento.

In conclusione, si deve affermare anche che la proposizione della domanda di risoluzione del contratto per inadempimento non possiede un’efficacia limitata alle sole parti contrattuali, ma è in grado di dispiegare degli effetti anche nei confronti dei terzi.

In ipotesi di inadempimento contrattuale, la parte non inadempiente ha diritto al ristoro di tutti i pregiudizi subiti a causadella condotta della controparte inadempiente, compreso il rimborso delle spese affrontate in vista del proprio adempimento e, specificamente, ove il contratto in questione sia costituito da un preliminare avente ad oggetto il trasferimento di una cosa determinata, gli esborsi sostenuti per la realizzazione di quest’ultima o, comunque, finalizzati a renderla conforme all’oggetto delle pattuizioni contrattuali (Cassazione Civile, SezioneII, Sentenza del 31 Agosto2005, n. 17652).

In tema di inadempimento contrattuale il risarcimento riveste natura e svolge funzione sostitutiva della prestazione mancata e gli effetti della situazione pregiudizievole permangono sino a quando il danno sia risarcito, ossia fino alla data della Sentenza se la riparazione sia stata richiesta al Giudice, cosicché il pregiudizio derivante dalla mancata acquisizione di un bene deve essere risarcito con la prestazione del suo equivalente in danaro, determinato con riferimento al momento in cui avviene la liquidazione e non a quello in cui si realizza la violazione contrattuale (Cassazione  Civile, SezioneII, Sentenza del 29 Aprile 2003, n.6651).

L’adempimento contrattuale che si verifichi dopo la proposizione della domanda di risoluzione del contratto non vale di per sé ad arrestare gli effetti di tale domanda, ma deve essere preso in esame dal Giudice perché valuti l’importanza dell’inadempimento stesso, potendo costituire circostanza decisiva a rendere l’inadempimento di scarsa importanza, precludendo la possibilità di risolvere il contratto (Cassazione Civile, SezioneIII, Sentenza del 1 Giugno 2004, n. 10490).

Nel contratto di appalto, qualora debbano essere realizzate opere contenenti cemento armato, l’obbligo di denunciare all’ufficio del Genio civile competente per territorio le relative opere corredate dai calcoli, grava sull’appaltatore, ai sensi dell’art. 4 della Legge n. 1086 del 1971, e non sul committente; ne consegue che costituisce inadempimento di non scarsa importanza, ai fini dell’accoglimento dell’azione di risoluzione contrattuale, il comportamento dell’appaltatore, che inizi i lavori relativi alle opere in cemento armato senza aver provveduto al previo deposito dei calcoli presso il Genio civile e senza fornire alcuna apprezzabile giustificazione in proposito (Cassazione Civile, SezioneII, Sentenza del 27 Febbraio 2007, n. 4433).

In tema di prova dell’inadempimento di una obbligazione intellettuale, grava sul professionista la dimostrazione dell’adempimento o dell’esatto adempimento della prestazione, sia sotto il profilo dell’obbligo di diligenza e perizia, sia della conformità quantitativa o qualitativa dei risultati che ne sono derivati, mentre sono a carico del committente l’onere di allegazione dell’inadempimento o dell’inesatto adempimento e la dimostrazione del pregiudizio subito ed il nesso causale tra tale pregiudizio e l’attività del professionista. (Nellaspecie, relativa a una richiesta di compenso per prestazione odontoiatrica, la Suprema Corte ha cassato la Sentenza di merito che, nell’accogliere la domanda del medico, aveva posto a carico del cliente soccombente la omessa dimostrazione dell’esistenza di ineliminabili vizi e difformità della protesi oggetto della prestazione e in particolare la mancata contestazione dei vizi mediante un accertamento peritale, considerando irrilevanti le testimonianze addotte per dimostrare le ulcerazioni e i gonfiori alle gengive causate al paziente dall’impianto della protesi) (Cassazione Civile, SezioneII, Sentenza del 31 Luglio2006, n. 17306).

L’accertamento della risoluzione del contratto per mutuo dissenso costituisce apprezzamento di fatto del Giudice di merito, non censurabile in sede di legittimità in presenza di congrua motivazione (Cassazione Civile, SezioneIII, Sentenza del 27 Novembre 2006, n. 25126).

In tema di prova dell’inadempimento di una obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l’adempimento, deve soltanto provare la fonte negoziale o legale del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte; mentre il debitore convenuto è gravato dall’onere della prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto“compimento”della prestazione (Tribunale Civile di Lodi, Sentenza del 23 Luglio 2006, n. 440).

In tema di risoluzione del contratto per inadempimento, mentre con l’azione di adempimento la parte chiede la prestazione dovutale, in base all’accordo concluso con il soggetto divenuto inadempiente, con quella di risoluzione chiede lo scioglimento del rapporto; pur presentando diversità di petitum, entrambe dette azioni sono dirette alla tutela del medesimo diritto alla prestazione, con la conseguenza che la proposizione della domanda di adempimento ha effetto interruttivo della prescrizione, anche con riferimento al diritto di chiedere la risoluzione del contratto, il quale potrà essere esercitato fino a quando il termine prescrizionale non sarà nuovamente decorso per intero (Cassazione Civile, Sezioni Unite, Sentenza del 10 Aprile1995, n. 4126).