Brevi cenni sul  comodato in ambito familiare  alla luce degli ultimi interventi della Cassazione
  Un nuovo intervento della Cassazione, di pochi giorni fa, sul tema del comodato  concluso in favore di un nucleo familiare, ha richiamato l'attenzione sulla effettiva durata di un simile rapporto, dopo che in questi ultimi anni il Supremo Collegio ha visto, al suo interno, contrapporsi due schieramenti: uno c.d. " familiarista",  che ha il suo capostipite nella sentenza  della S.C. a S.U. 2004/13603; l'altro c.d." contrattualista" cui fa riferimento Cass.  Sezione III 2010/15986.
Secondo il primo dei due orientamenti , il comodato in favore di un nucleo familiare , ove le parti  abbiano inteso  di destinare l'immobile alle esigenze della famiglia, con ciò connotando implicitamente lo stesso di un elemento temporale attinente la durata del rapporto, legittima la richiesta del comodante di restituzione del bene solo per un grave ed imprevedibile bisogno del medesimo.
In base al secondo indirizzo  viene opinato, in senso del tutto opposto, che laddove un immobile venga concesso in comodato ad una coppia di sposi per essere adibito a residenza familiare, tale rapporto  deve atteggiarsi senza determinazione di durata (precario), per cui il comodante può richiedere la restituzione del bene in ogni momento.
Nel 2013 la Cassazione interviene  ancora una volta in una fattispecie in cui, nell'ambito di un giudizio di separazione  fra coniugi (fra i quali il comodatario), il Giudice della separazione aveva  assegnato la casa coniugale, oggetto di comodato, alla moglie affidataria del minore, ritenendo,  sulla base di una chiara adesione alla teroria contrattualista, che le sorti  del  comodato non potrebbero essere pregiudicate da detto provvedimento, da considerarsi non sostitutivo dell'originario contratto, perchè altrimenti, negando al comodante la restituzione del bene, se non a certe condizioni, si finirebbe per essere non ossequiosi del codice civile, per cui le aspettative della famiglia non possono annullare i diritti del proprietario comodante. In questo senso, secondo il S.C., " occorre evitare una sostanziale espropriazione delle facoltà e dei diritti connessi alla titolarità sull'immobile con evidenti riflessi sulla sfera costituzionale del risparmio e della sua funzione previdenziale"
Il contrasto interpretativo, palesato dalle diverse sezioni, ha determinato l'intervento di quelle Unite, che circa due mesi fa , con sentenza 29.9.2014 n.20448, hanno risolto l'impasse, spiegando che nel nostro ordinamento esistono due forme di comodato: quello in senso stretto, regolato dagli artt. 1803 e 1809 C.C.  e quello precario, regolato dall'art. 1810 C.C..
La differenza sta nella previsione o meno di un termine di scadenza , esplicito o individuabile per relationem , cioè quando il comodante potrà dire che la consegna della cosa è stata eseguita per un uso che per l'appunto consente di stabilire la scadenza contrattuale. Solo nel comodato precario sarebbe possibile richiedere la cosa in ogni momento mentre, nell'altro caso,  esclusivamente in ragione della sopravvenienza di un urgente ed imprevisto bisogno, semprechè, in quest'ultimo caso (notasi bene) risulti che tra le parti si sia voluto costiture un comodato che abbia contemplato la destinazione del bene quale casa familiare senza altri limiti e pattuizioni. In tal caso, salvo espressa previsione di una scadenza, il termine sarà  desumibile dall'uso per cui la cosa è stata consegnata. Alla ricorrenza di tali condizioni è subordinata la possibilità di opporre efficacemente, al comodante, il provvedimento di assegnazione della casa coniugale  emesso dal Giudice della separazione in una fattispecie, per l'appunto, in cui la Cassazione era stata chiamata a risolvere  una vicenda ove occoreva stabilire se la separazione dei coniugi comportasse di per sè la legittima  cessazione del comodato.
Con l'ultimo intervento  in ordine di tempo, la Cassazione (ordinanza 21.11.14 n. 24838), sulla scia della pronuncia di poco precedente, ha richiamato l'attenzione sul fatto, precisandolo, che laddove  non risultino chiare ,  perchè non  provate, le esigenze familiari che sottendono alla conclusione del contratto di comodato (per cui occorre far riferimento al momento genetico della formazione della volontà contrattuale) , va favorita ( " per il sospetto ed il disvalore con cui il nostro ordinamento  considera i trasferimenti gratuiti di beni e dei diritti sui beni") la soluzione della cessazione del vincolo dovendosi desumere che non vi  sia stata determinazione del termine di scadenza, con la conseguenza che il comodante può in ogni momento chiedere la restituzione della cosa, non condizionata alla presenza degli urgenti bisogni di cui sopra si è detto.
Cervteri 26.11.2014
                                   Avv. Antonio Arseni