Secondo l’art. 118 Legge 22 aprile 1941 n. 633, cd. legge sul diritto d’autore (LDA), il contratto di edizione per le stampe è «il contratto con il quale l'autore concede ad un editore l'esercizio del diritto di pubblicare per le stampe, per conto e a spese dell'editore stesso, l'opera dell'ingegno».
Questa definizione qualifica immediatamente il contratto di edizione come lo strumento posto a disposizione dell’autonomia privata per coordinare e contemperare l'interesse dell'editore ad acquisire un titolo erga omnes per lo sfruttamento economico dell'opera con l'interesse dell'autore a vederla stampata e distribuita sul mercato a spese della controparte.
Tale negozio riveste quindi i caratteri consueti dei contratti sinallagmatici, in cui vi è lo scambio tra un bene, seppur immateriale, ed una somma di denaro.
Per poter meglio individuare e delineare i contorni del negozio descritto nel citato art. 118 l.d.a., occorre partire dalla comprensione dell’espressione “pubblicare per le stampe”.
Innanzitutto, è pacificamente riconosciuto che il diritto di pubblicare prevede sia la facoltà di riproduzione su un supporto che quella di pubblicazione.
Invece, più complesso è stato delimitare l’esatto significato di stampa. Infatti, dapprima ha prevalso l’orientamento secondo cui il contratto di edizione si concretizza solo laddove «la riproduzione grafica dell’opera avviene su carta o su materiale analogo, con esclusione, pertanto, della riproduzione da eseguirsi con altre modalità, quali registrazioni, incisioni e così via» (Trib. Milano, 25.11.1992, in Dir Aut., 1994, 97).
Tuttavia, l’evoluzione tecnologica ha mutato in parte gli scenari connessi alla diffusione delle opere dell’ingegno, per cui si è dovuto necessariamente ampliare la nozione di pubblicazione per le stampe.
Infatti, l’art. 119 comma 4 l.d.a. dispone che il contratto di edizione “può” avere per oggetto tutti i diritti di utilizzazione che spettano all’autore nel campo dell’edizione, purché vi sia apposita “pattuizione espressa”.
Pertanto, la legge speciale, mentre ha ancorato il contenuto del contratto tipico alla concessione del diritto di riproduzione “per le stampe” dell’opera e di messa in commercio dei relativi esemplari, ha ammesso che con “pattuizione espressa” si possa ampliare l’oggetto del contratto, senza che, però, tale estensione ne muti la qualificazione del rapporto quale contratto di edizione.
In questo senso è stato affermato che "il contenuto essenziale, ovvero sufficiente a dare vita ad un contratto di edizione in senso stretto, sta nel conferimento ad un editore di pubblicare per la stampa. A tale nucleo giuridicamente essenziale può essere aggiunto, senza con ciò mutare necessariamente natura al rapporto, altra forma di sfruttamento del diritto medesimo" (Cass. 23.6.1998, n. 6239, in Corr. Giur. 1998, 1162).
In tal modo sono stati ricompresi in tale definizione anche la fissazione dell’opera su supporti quali il CD, il floppy, il DVD, le memoria del PC o le schede di memoria e, adesso, gli e-book.

L’art. 122 LDA fissa in venti anni il termine massimo entro cui i diritti esclusivi dell’autore possono essere ceduti all’editore, salvo che per enciclopedie e dizionari; schizzi, disegni, vignette, illustrazioni, fotografie e simili, ad uso industriale; opere di cartografia; opere drammatico-musicali e sinfoniche.

Trattasi di un termine inderogabile, e, in caso di suo superamento potrebbe verificarsi la nullità dell’intero contratto o la riduzione a venti anni.

Entro questo limite, le parti, al fine di potersi adeguare all’andamento del mercato, possono dar vita a due forme di contratto di edizione: quello "per edizione" e quello "a termine", a fondamento del diritto di veder pubblicata una o più edizioni dell'opera (nel contratto per edizione) o, per converso, realizzandosi una libera scelta dell'editore sul numero delle edizioni da pubblicare entro una determinata scadenza (nel contratto di ed. a termine).

Nella prima ipotesi il numero delle edizioni e degli esemplari da pubblicare per ogni edizione deve di norma essere determinato.

L'art. 122 co. 3 lascia, peraltro, la possibilità di concedere all'editore un certo margine di discrezionalità, stabilendo che «possono […] essere previste più ipotesi, sia nei riguardi del numero delle edizioni e del numero degli esemplari, sia nei riguardi del compenso relativo».

Però, l’editore non può porre in essere un qualunque numero di edizioni e, se nel testo contrattuale si fa generico riferimento ad una pluralità di edizioni senza precisarne il numero esatto, l’interpretazione non può essere nel senso di rimetterne la qualificazione al mero arbitrio dell’editore (App. Bologna, 25.9.1967, in Giur. It., 1968, I, 183).

Nella seconda tipologia contrattuale, la mancanza di un numero minimo di esemplari dedotti nel contratto ne provoca la nullità senza che sia consentito alle parti alcuna deroga a tale  precetto rigorosamente imposto dal  legislatore.

Tuttavia,  "in mancanza dell'indicazione del numero minimo di esemplari da pubblicare il contratto "a termine" nullo può essere considerato convertito in contratto "per edizione" qualora sia possibile ritenere che conoscendo la nullità del primo le parti avrebbero acconsentito alla stipulazione del secondo" (Trib. Milano, 29 maggio 1999, in AIDA, 2000, 686).  Invece,  "nell'ipotesi in cui il contratto di edizione a termine contenga solo l'indicazione del numero di copie per la prima edizione, e non anche per le successive edizioni, manca uno dei requisiti previsti a pena di nullità; va esclusa la conversione del predetto contratto, nel contratto di edizione per edizione, quando dal contratto originario risulti che le parti avevano inteso concludere un contratto per più edizioni e con la potenziale determinazione del numero di copie per le successive edizioni" (Cass., 23.7.2010, n. 17279, in Foro It., 2011, 12, 1, 3402).

Come previsto nell’art. 122, 3° co. LDA, in caso di mancata specificazione del numero delle edizioni e degli esemplari per edizione «si intende che il contratto ha per oggetto una sola edizione per il numero massimo di duemila esemplari».

Da ultimo, va rilevato come la legge permetta di disporre anche dei diritti che attengono alle opere che non sono state ancora create, così configurando una vera e propria aspettativa giuridica  convenzionalmente pattuita.

Tale accordo non può avere una durata superiore a dieci anni.

Atteso che, nel caso di specie si versa in un'ipotesi di contratto con prestazione di cosa futura (art. 1348  c.c.), è opinione della giurisprudenza che l'editore non può sindacare bontà e valore intrinseci all'opera, in quanto, una volta che abbia assunto l'obbligo di pubblicarla, si accolla il relativo rischio d’impresa.

Affinché tale fattispecie si perfezioni è necessaria la consegna dell’opera completa da parte dell'autore (Cass., 8.11.1995, n. 11599, in Riv. Dir. Ind., 1996, 2, 282).

Le parti possono anche convenire un termine entro cui l’opera debba essere consegnata. In mancanza, l'art. 120 co. 1 n. 3) l.d.a. prevede che l'editore possa domandare al giudice di determinarlo e, simmetricamente, stabilisce poi che l'autorità giurisdizionale possa prorogare, su istanza dell’autore, il termine fissato inter partes.

Qualora la commissione avvenga senza limiti di tempo, il contratto è da intendersi nullo.

Una volta creata l’opera, si applicano tutte le norme relative al contratto di edizione, compresa quella sulla durata ventennale.