E' noto come sia molto semplice calcolare in rete i tassi prevedibili PRIMA di stipulare il mutuo.
Per verificare se la Banca applica correttamente il tasso, occorrono invece software piuttosto sofisticati.

Ebbene, le differenze arrivano anche a due punti in piu’.

La risposta?  E’ un buco informatico!

La vicenda va segnalata perchè, oltre alle note vicende della vendita dei derivati nientemeno che agli Enti pubblici con gli sviluppi che conosciamo, per quanto riguarda i privati siamo ormai entrati in pieno regime di conciliazione obbligatoria anche per le materie bancarie.
Risultato?

Il cliente puo' adire un organismo di conciliazione prima di iniziare la causa civile.

A parte l’evidente profilo di inadempimento nell’applicare un tasso difforme da quello contrattuale, va anche evidenziato il profilo di illegittimità  del sistema di ammortamento “francese” segnalato dalla sentenza 29 ottobre 2008 resa dal Tribunale di Bari.

Si definisce capitalizzazione, l’operazione che determina la valutazione di una somma ad una data posteriore a quella cui fa riferimento; attualizzazione se anteriore.

 Il contratto di mutuo prevede un rimborso graduale della somma prestata attraverso il versamento periodico di rate ( ammortamento del debito).

Le Banche adottano due forme di ammortamento: italiano e progressivo o francese, con enormi differenze sul piano pratico.

Il primo metodo produce quote capitale costanti e le quote interessi nel tempo decrescono come la quota della rata.

Nell’ammortamento alla francese la quota capitale non è uguale, è uguale la rata, per ottenere un  valore “attuale” della somma concessa, e la quota  di interessi decresce, la quota capitale sale.

La sentenza del Tribunale di Bari censura di illegittimità il sistema di ammortamento francese perché violando l’articolo 1283 c.c. – divieto di interessi su interessi - calcola l’interesse su base composta e non semplice.
La conseguenza è che tale “metodo comporta una restituzione degli interessi con una proporzione più elevata rispetto all’ammortamento uniforme, in quanto contiene una formula di matematica attuariale, giusta la quale l’interesse applicato è quello composto e non già quello semplice”.

Nel caso preso in esame dal Tribunale il tasso nominale del contratto di mutuo non è stato rispettato considerato che dallo svolgimento del piano di ammortamento la percentuale del tasso aumentava dal 13% al 14,276%.

Già la Suprema Corte (C. Cass. Civ., sent. n. 2593 del 20.2.2003) ha ritenuto applicabile l’art. 1283 c.c. anche ai contratti di mutuo, con il risultato che gli interessi (in assenza di usi normativi contrari precedenti al 1942) producono ulteriori interessi solo se la banca propone una domanda giudiziale contro il cliente o se ciò si conviene dopo la scadenza del contratto.

La Cassazione ha stabilito che in un mutuo, con rate costanti o non costanti, che comprendono parte del capitale e gli interessi, tali interessi non possono certamente divenire capitale da restituire a chi l’ha concesso”, per cui deve essere esplicitamente convenuto ” il tasso effettivo del mutuo secondo la legge dell’interesse semplice (Cfr., art. 1284 c.c.).

In sintesi, nonostante che il principio sia che la produzione di interessi avviene su base semplice, con divieto che gli interessi possano essere sommati al capitale, se non vi siano domande giudiziali o accordi successivi, le Banche continuano a utilizzare il sistema alla francese, ed in piu’, con la scusa del buco informatico, addebitano ulteriori interessi ancora difformi dal tasso contrattuale; si rasenta l’usura?

Segnalo anche che in ogni caso i clienti possono difendersi, anche se non hanno provveduto a contestare gli estratti conto bancari: la sentenza sopra citata ed il consolidato orientamento giurisprudenziale di legittimità e merito affermano che il superamento del termine rende inoppugnabili le scritture contabili, ma non il negozio giuridico sottostante. ( Cass. 8/8/03 n. 11961; Cass. 16/1/97 n. 404; Corte di Appello di Lecce 18/09/08 n.568; Trib. Lecce n.1959 del 2005).