L’unico precedente della Corte di Cassazione è del 1979 , secondo il quale: «La garanzia per i vizi della cosa oggetto della compravendita è esclusa dalla clausola “vista e piaciuta” – la quale ha lo scopo di accertare consensualmente che il compratore ha preso visione della cosa venduta -, qualora si tratti di vizi riconoscibili con la normale diligenza e non taciuti in mala fede. (Sez. 2, n. 3741 del 03107/1979, Rv. 400175)».
La clausola non può riferirsi ai vizi occulti, che si manifestano cioè, dopo i normali controlli eseguiti ante acquisto, soltanto dopo l’uso del bene compravenduto. Né potrebbe essere diversamente, giacché la espressione “vista”, se priva di precisazioni rafforzative, inequivocabilmente allude solo ai vizi agevolmente riscontrabili dall’acquirente a primo esame.
Inoltre, anche considerati i principi fondamentali che governano l’istituto del contratto, la buona fede e l’equità dei sinallagma contrattuale, sarebbe incongruo ritenere che quella clausola possa sollevare il venditore dalla garanzia per i vizi occulti. Piuttosto, quei principi inducono a ritenere che quella clausola vada limitata ad una accettazione del bene con tutti quegli eventuali vizi riconoscibili ictuoculi (a colpo d’occhio), nonché, se vi sia stata concreta possibilità di farlo, con tutti i vizi che avrebbero potuto essere riconoscibili con una diligente disamina dei bene. Non ricomprende, anche, l’accettazione dei vizi occulti, perché, ove così fosse, si determinerebbe uno squilibrio ingiustificato del sinallagma contrattuale.
II venditore di vettura usata, pertanto, è tenuto alla garanzia per i vizi occulti, anche se la vendita sia avvenuta “nello stato come vista e piaciuta” e, ciò, a prescindere dal fatto che la presenza di essi non sia imputabile ad opera del venditore, ma, esclusivamente, a vizi di costruzione del bene venduto.
(Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 2, sentenza n. 21204 del 19 ottobre 2016)