La vicenda.

Una banca vantava un credito nei confronti di propri clienti e pertanto aveva chiesto e ottenuto un decreto ingiuntivo esecutivo, in forza del quale aveva altresì iscritto ipoteca giudiziale su un’immobile di proprietà dei debitori. La banca aveva dunque instaurato l’azione esecutiva su detto immobile ipotecato, in pendenza della quale i clienti aveva sanato la propria esposizione debitoria. Il giudice dell’esecuzione aveva dunque dichiarato chiusa la procedura esecutiva, ma la banca non aveva mai dato l’assenso alla cancellazione dell’ipoteca iscritta e, a fronte delle reiterate richieste dei propri clienti, aveva opposto un residuo debito ancora da saldare.

I clienti della banca hanno dunque agito in giudizio per ottenere la declaratoria di liberazione degli immobili ipotecati e, conseguentemente la condanna della banca a prestare il necessario assenso alla cancellazione dell’ipoteca, nonché il risarcimento del danno patito a seguito dell’impossibilità di procedere tempestivamente alla cancellazione dell’ipoteca, stante il mancato assenso della banca.

La decisione del Tribunale di Brindisi, sezione distaccata di Francavilla Fontana.

Il Tribunale adito in primis ha accertato l’effettiva estinzione del debito garantito dall’ipoteca giudiziale: il Giudice ha rilevato che l’accertamento compiuto al riguardo dal giudice dell’esecuzione era ormai inoppugnabile, poiché la banca avrebbe dovuto far valere l’asserita sussistenza del residuo credito portato dal decreto ingiuntivo, impugnando la decisione del giudice dell’esecuzione proponendo reclamo al collegio come previsto dall’art. 630 c.p.c..

Accertata l’estinzione del debito garantito dall’ipoteca giudiziale, il Giudice ha dunque ordinato la cancellazione dell’ipoteca stessa ai sensi dell’art. 2884 cod. civ..

Quanto al risarcimento del danno, il Tribunale ha rilevato che la banca, negando l’assenso alla cancellazione dell’ipoteca, ha violato innanzitutto i generali obblighi di diligenza e correttezza di cui agli artt. 1175 e 1176 cod. civ., particolarmente qualificati per chi esercita un’attività professionale quale un istituto di credito esercita; pertanto tale inadempimento obbliga la banca a risarcire il danno ai sensi dell’art. 1218 cod. civ., poiché l’inerzia nel prestare l’assenso alla cancellazione dell’ipoteca è senz’altro imputabile alla banca, che del resto non ha fornito prova del contrario. Infatti l’assunto della perdurante residua esposizione debitoria, oltre a non risultare provato in giudizio, avrebbe dovuto formare oggetto di un diligente accertamento in primis da parte della banca stessa, che invece non risulta aver compiuto tale indagine, e infatti non ha nemmeno impugnato il provvedimento di chiusura della procedura esecutiva. Alla banca si richiede un elevato grado di professionalità nello svolgimento della propria attività, anche in quella inerente al recupero dei propri crediti, pertanto – secondo – il Tribunale la tesi – propugnata e non provata – di essere ancora creditrice denota una negligenza non scusabile in capo all’istituto di credito.

Il Giudice, accertato l’inadempimento contrattuale della banca, ha pertanto riconosciuto il diritto dei clienti al risarcimento del danno, sia patrimoniale che non patrimoniale, sulla scorta dell’orientamento espresso dalla Corte di Cassazione, Sezioni Unite, 11.11.2008 n. 26972, per cui, premesso che anche l’inadempimento contrattuale può essere fonte di un danno non patrimoniale, la risarcibilità del danno non patrimoniale deriva dalla lesione di diritti meritevoli di una, seppur minima, tutela risarcitoria, e tale meritevolezza viene individuata o dal legislatore, o dal giudice in via interpretativa dalla Costituzione. E nel caso di specie, secondo il Tribunale, il diritto al risarcimento del danno non patrimoniale dei clienti della banca deriva proprio dalla lesione del diritto costituzionalmente sancito, al “risparmio popolare” (art. 47, comma II, Cost.), ossia a quel risparmio che è destinato all’acquisizione di beni primari, quali la casa di abitazione, o a soddisfare esigenze primarie quali il diritto alla salute.

Infatti i clienti, secondo il Giudice, hanno fornito adeguata prova del fatto che il mancato assenso alla cancellazione dell’ipoteca ha impedito loro di accedere a prestiti e finanziamenti resisi necessari per sostenere le ingenti spese mediche occorrenti per curare le gravi patologie di cui era affetto uno dei coniugi, così cagionando un grave danno meritevole di tutela risarcitoria.