Qualora il consumatore contesti gli importi riportati in bolletta è la società erogatrice del servizio che deve dimostrare la correttezza dei conteggi effettuati. I consumi dell’utente, infatti, devono essere rilevati correttamente e non possono essere mai presunti. Ciò vale anche quando il cliente, pur contestando la bolletta, non chiede che venga effettuata una verifica sul contatore. Questo, in estrema sintesi, è quanto ha stabilito il giudice di pace di Potenza, con la sentenza 579/1 del 26 settembre 2014.
In buona sostanza, di fronte alle contestazioni dell’utente, i consumi presunti non hanno alcun valore e spetta al gestore e non all’utente l’onere di dimostrare il corretto funzionamento del contatore.
Nelle controversie in materia di contratti di somministrazione, infatti, ai fini del riparto dell’onere della prova trova applicazione il principio della “vicinanza della prova”. Il che significa, in termini pratici, che, di fronte alle contestazioni del consumatore, è il fornitore che deve dimostrare la regolarità del funzionamento dei rilevatori di consumo; se tale prova viene data, allora spetterà all’utente provare di avere adottato ogni possibile cautela o di avere diligentemente vigilato affinché intrusioni di terzi non potessero alterare il normale funzionamento del contatore.
La fattura stessa non costituisce prova del contratto ma solo un mero indizio della stipulazione di esso e della esecuzione della prestazione, ma nessun valore, neppure indiziario, può esserle riconosciuto in merito alla rispondenza della prestazione stessa e a quella pattuita e in merito agli altri elementi costitutivi del contratto (Cass. n. 8549/2008).
Orbene muovendo da tale considerazione La bolletta e i consumi diventano “carta straccia” nel caso di contestazioni del consumatore. E difatti, nella sentenza del giudice di pace si legge: “nessun valore, neppure indiziario, può esserle riconosciuto in merito alla rispondenza della prestazione stessa a quella pattuita e in merito agli altri elementi costitutivi del contratto” .
Pertanto considerato che il prezzo per la fornitura del gas deve essere commisurato in base all’effettivo consumo e non può essere calcolato in base a criteri presuntivi, correttamente la sentenza accoglie le richieste dell’utente dichiarando illegittima la fattura e non dovuto il relativo importo.
In definitiva, in caso di contezioso, il gestore deve riuscire a dimostrare che la richiesta somma in fattura si riferisca a consumi effettivi e non presunti.