Ripartizione delle spese   La ripartizione delle spese nel condominio trova la sua particolare disciplina nell’art. 1123 c.c., che, diversamente da quanto in generale stabilito dal precedente art. 1104 in tema di comunione, opera una vera e propria graduazione dei criteri di imputazione dei costi di gestione del patrimonio condominiale, prescindendo in due casi su tre dal diritto di proprietà di ciascuno. Il comma 1 della predetta norma menziona il principio generale secondo cui sia le spese necessarie di conservazione, che includono ogni tipo di manutenzione, sia quelle necessarie al godimento delle parti comuni, comprendenti le spese e i consumi per l'uso quotidiano delle stesse, sia ancora quelle per la prestazione dei servizi nell'interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza, vale a dire quelle non voluttuarie, sono ripartite in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno. Nello specifico debbono ritenersi spese necessarie, tutte le erogazioni destinate ad assicurare alle cose comuni la destinazione ed il servizio che debbono realizzare e costituenti le finalità del condominio. (Cass. 17-1-77, n. 227) Alla regola generale di cui all'art. 1123, comma 1, c.c. seguono le due eccezioni, di cui ai commi 2 e 3, per la ripartizione delle spese di alcuni beni condominiali, secondo cui "se si tratta di cose destinate a servire i condomini in misura diversa, le spese sono ripartite in proporzione dell'uso che ciascuno può farne" e "qualora un edificio abbia più scale, cortili, lastrici solari, opere o impianti destinati a servire una parte dell'intero fabbricato, le spese relative alla loro manutenzione sono a carico del gruppo di condomini che ne trae utilità". La prima ipotesi (Art. 1123, 2° comma, c.c.) si riferisce ai beni condominiali destinati a servire i condomini in misura diversa dalla normale "misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno", ovvero in proporzione all'uso che ogni condomino può farne. E’ il caso, secondo la giurisprudenza delle spese per l'illuminazione e la pulizia delle scale, o dell’impianto di riscaldamento che è destinato a servire i singoli in funzione del numero dei radiatori, o ancora dell'impianto di ascensore, certamente in uso maggiore ai piani più alti, come il servizio di portierato, più utile ai proprietari delle unità immobiliari interne all'edificio rispetto ai magazzini posti all'esterno. La seconda (Art. 1123, 3° comma, c.c.) previsione, invece, concerne quelle parti comuni di un fabbricato poste al servizio solo di alcuni condomini, come può accadere per i cortili e i lastrici di copertura. Criteri di ripartizione e deroghe La disciplina legale in materia di ripartizione delle spese per la conservazione e per il godimento delle parti comuni di un edificio e quella, eventualmente stabilita con deliberazione condominiale adottata all’unanimità, è derogabile, ai sensi dell’art. 1123, 1° comma, c.c. in virtù di una convenzione, adottata all’unanimità da tutti i condomini. Ne consegue che anche il regolamento di condominio, ove abbia natura contrattuale - ossia sia stato predisposto dal costruttore ed allegato all’atto di acquisto della proprietà ovvero adottato dall’assemblea dei condomini all’unanimità - può stabilire un diverso criterio di ripartizione delle spese.   Le spese di riscaldamento ed il distacco del condomino dal riscaldamento centralizzato   Ai sensi dell’art. 1123 c.c. ciascun condomini è tenuto a contribuire alle spese per la conservazione e per il godimento della cosa comune dell'edificio e per la prestazione dei servizi in misura proporzionale secondo il valore millesimale delle proprietà. Ne consegue che il singolo condomino che decida di distaccarsi dall’impianto di riscaldamento centralizzato non può unilateralmente sottrarsi alle spese per la prestazione del servizio e per la manutenzione ordinaria e straordinaria dell'impianto, mentre sarà esonerato dall'obbligo del pagamento delle spese per il suo uso (Cass. 25 marzo 2004, n. 5974; Cass. 20 febbraio 1998, n. 1775; Cass. 14 febbraio 1995, n. 1597; Cass. 23 maggio 1990, n. 4653). ****    *****    ***** Al di là dell’ipotesi del distacco del condomino dall’impianto, per la determinazione del criterio per la ripartizione delle spese effettive di erogazione del servizio di riscaldamento, sono stati adottati diversi metodi. In un primo tempo è stato utilizzato il criterio del numero dei radiatori o quello della massa o della superficie irradiante, in base al rilievo che i radiatori o le analoghe bocchette per gli impianti di condizionamento ad aria (Cass. 8 maggio 1974, n. 1300; App. Genova 19 giugno 1954; Trib. Caltanissetta 18 gennaio 1972). Per cui il rapporto risultava strettamente connesso al numero dei radiatori per stabilire la spesa rimborsabile per l'intero servizio comune. Successivamente si è ritenuto che il criterio più aderente alla realtà fosse quello della superficie irradiata o quello della cubatura dell'intera area da riscaldare ove non c'è uniformità dell'altezza, a prescindere dalle necessità soggettive e particolari dell'immobile (Cass. 26-1-95, n. 946). Ad oggi questo criterio è quello maggiormente adottato. Spese di manutenzione e ricostruzione delle scale (Art. 1124)   Ai criteri di ripartizione delle spese inerenti le scale il legislatore ha dedicato una norma ad hoc che va letta congiuntamente all’art. 1123, 2 comma c.c. . In primo luogo, occorre premettere che secondo la Corte di Cassazione “l'androne e le scale di un edificio sono oggetto di proprietà comune, ai sensi dell'art. 1117 c.c., anche dei proprietari dei locali terreni che abbiano accesso direttamente alla strada perché costituiscono elementi necessari per la configurabilità stessa di un fabbricato diviso, per piani o porzioni di piano, in proprietà individuali e perché inoltre costituiscono il tramite indispensabile per il godimento e la conservazione, da parte o a vantaggio di tali soggetti, delle strutture di copertura a tetto o a terrazza” (Cass., sent. n. 761 del 5 febbraio 1979; conf. Cassazione 22-2-96, n. 1357). Ciò detto, occorre distinguere, nell’ambito delle spese inerenti l’androne e le scale, tra: a) spese di pulizia; b) spese di manutenzione e ricostruzione. Difatti, mentre le spese di pulizia debbono essere ripartite tra tutti i condomini in ragione dell'utilità che la cosa comune è destinata a dare a ciascuno, ai sensi dell'art. 1123, 2° comma, c.c., il criterio di ripartizione delle spese di manutenzione e ricostruzione è quello dettato dall’art. 1124 c.c.. A tal proposito la Cassazione ha precisato che “le scale sono mantenute e ricostruite dai proprietari dei diversi piani a cui servono. La spesa relativa è ripartita tra essi, per metà in ragione del valore dei singoli piani o porzioni di piano, e per l'altra metà in misura proporzionale all'altezza di ciascun piano dal suolo. Al fine del concorso nella metà della spesa, che è ripartita in ragione del valore, si considerano come piani le cantine, i palchi morti, le soffitte o camere a tetto e i lastrici solari, qualora non siano di proprietà comune.” Detta norma, infatti, deve ritenersi riferibile a tutte le spese che riguardano la conservazione della cosa comune e che si rendono necessarie a causa della naturale deteriorabilità della stessa per consentirne l'uso e il godimento, nonché quelle che attengono a lavori periodici indispensabili per mantenere la cosa in efficienza. In ragione di ciò, ad esempio, è stato ritenuto legittimo dalla giurisprudenza gravare dette spese sui proprietari di “locali forniti di un accesso diverso dall’androne e dal vano scale”. (Cass. 16-7-81, n. 4646) In altre parole, anche per i proprietari dei negozi sussiste l'obbligo di partecipare (se del caso, stabilendo una misura ridotta di contribuzione in considerazione della minore utilità che viene acquisita da essi) Spese di manutenzione e ricostruzione dei soffitti, delle volte e dei solai (Art. 1125) L’art. 1125 c.c. disciplina la fattispecie particolare della ripartizione delle spese per la manutenzione ricostruzione dei soffitti, delle volte e dei solai che ai sensi della predetta norma debbono essere “sostenute in parti uguali dai proprietari dei due piani l'uno all'altro sovrastanti, restando a carico del proprietario del piano superiore la copertura del pavimento e a carico del proprietario del piano inferiore l'intonaco, la tinta e la decorazione del soffitto”. Sul piano pratico, è bene rimarcare che i criteri di ripartizione di cui all’art. 1125 c.c. trovano applicazione, secondo costante giurisprudenza (da ultima: Corte di Cassazione Sezione 2 Civile, Sentenza del 14 settembre 2005, n. 18194) anche ai fini della suddivisione delle spese per la manutenzione e la ricostruzione del cortile condominiale sovrastante a locali interrati di proprietà dei singoli condomini. Tale disposizione, infatti, accolla per intero le spese relative alla manutenzione di una parte di una struttura complessa (il pavimento del piano superiore) a chi con l'uso esclusivo della stessa determina la necessità di tale manutenzione, per cui si può dire che costituisce una applicazione particolare del principio dettato dall' articolo 1123, comma 2, del codice civile. Ripartizione degli oneri condominiali tra conduttore e proprietario Ove l’immobile sito in un condominio di edifici sia condotto in locazione, ai sensi dell’art. 9 della legge 27 luglio 1978 n. 392, sono interamente a carico del conduttore, salvo patto contrario, le spese relative al servizio di pulizia, al funzionamento e all'ordinaria manutenzione dell'ascensore, alla fornitura dell'acqua, dell'energia elettrica, del riscaldamento e del condizionamento dell'aria, allo spurgo dei pozzi neri e delle latrine, nonché alla fornitura di altri servizi comuni. Le spese per il servizio di portineria sono a carico del conduttore nella misura del 90 per cento, salvo che le parti abbiano convenuto una misura inferiore. La parziarietà tra i condomini alla luce della sentenza delle SS.UU. n. 9148 dell’ 8 aprile 2008   Con sentenza n. 9148 dell’8 aprile 2008, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno risolto il contrasto giurisprudenziale in merito alla solidarietà dei condomini per le obbligazioni contratte nell’interesse del condomino, aderendo alla corrente minoritaria (Cassazione 27 settembre 1996, n. 8530), in forza della quale "il contratto stipulato dall'amministratore rappresentante in nome e nell'interesse dei condomini e nei limiti delle facoltà conferitegli, produce direttamente effetti nei confronti dei rappresentati sicché, in caso di inadempimento, conseguita nel processo la condanna dell'amministratore medesimo, il creditore può procedere all'esecuzione forzata individualmente nei confronti dei singoli, secondo la quota di ciascuno". Secondo la pronuncia delle Sezioni Unite, "nessuna norma di legge dispone espressamente che il criterio della solidarietà si applichi alle obbligazioni dei condomini. Non certo l'articolo 1115, comma 1, Codice civile. La disposizione, in quanto si riferisce alle obbligazioni contratte in solido dai comunisti per la cosa comune, ha valore meramente descrittivo, non prescrittivo", mentre "la parziarietà si riconduce all'articolo 1123, Codice civile, interpretato valorizzando la relazione tra la titolarità dell'obbligazione e quella della cosa. Si tratta di obbligazioni propter rem, che nascono come conseguenza dell'appartenenza in comune delle cose, degli impianti, dei servizi e solo in ragione della quota, a norma dell'articolo 1123, Codice civile, i condomini sono tenuti a contribuire alle spese per le parti comuni". Detta pronuncia assume, con tutta evidenza, un effetto negativamente dirompente nei confronti dei creditori (fornitori, appaltatori, etc.), i quali,  in assenza di fattiva collaborazione da parte degli Amministratori, si vedranno costretti, innanzitutto, a reperire personalmente tutte le informazioni necessarie per poter agire esecutivamente nei confronti di ciascun condomino in relazione alla quota di appartenenza, ove non abbiano avuto l’accortezza di allegare, in sede di stipula del contratto, l’elenco dei condomini con i relativi millesimi.    A ciò si aggiunga la difficoltà di recuperare integralmente il credito, potendo il creditore agire solo in base alle quote millesimali di ciascun condomino.