La recente sentenza della Corte di Cassazione 04/09/2017 n° 20713, ha riproposto il tema, ricorrente nelle aule di giustizia, dei criteri di riparto delle spese relative all’ascensore condominiale, siano esse quelle relative alla installazione ex novo di detto impianto, siano quelle di manutenzione ordinaria e straordinaria riferentesi invece ad un impianto già esistente.
Nel caso di specie, si trattava di un ascensore installato, nell’edificio condominiale dopo la sua costruzione, su iniziativa di alcuni condomini; fattispecie invero diversa dalla ipotesi in cui l’impianto è già esistente perché, ad esempio, realizzato dall’originario conduttore che poi ha venduto a terzi tutti gli appartamenti facenti parte del fabbricato in cui l’impianto è stato allocato.
In tale ultimo caso, infatti, l’ascensore esistente, essendo oggetto di proprietà comune ex art. 1117 CC, obbliga tutti i condomini a partecipare a tutte le spese di gestione e manutenzione, vedremo con quali modalità, salvo diversa convenzione.
Mette conto di rilevare, a tale ultimo riguardo, che le obbligazioni condominiali, derivanti dalla contitolarità in capo a tutti i condomini dei diritti nelle parti e nei servizi comuni, proprio per queste caratteristiche si atteggiano alla stregua di una obbligazione propter rem che, per l’appunto, impegna il singolo condomino a partecipare alle relative spese di gestione e conservazione.
Nella giurisprudenza e nella dottrina, è dunque pacifico che occorra far riferimento al momento in cui è stato installato l’ascensore e da parte di chi: da questo dato, per così dire, genetico poi occorre partire per la  soluzione delle concrete questioni che principalmente riguardano la ripartizione di tutte le spese per la manutenzione ed il godimento anche in ragione dell’uso che ciascun condomino fa del bene comune (principio ricavabile dall’art. 1123, 2° co. CC).
Procedendo per gradi, va esaminata la prima questione del caso classico dell’esistenza già dell’ascensore posto a servizio del fabbricato condominiale in cui è possibile che uno o taluni condomini ne facciano uso limitato per loro scelta o in ragione della posizione in cui il bene privato è allocato.
Così, ad esempio, anticipando il tema che in prosieguo si svilupperà, è stata posta la questione se il proprietario di un negozio o di un appartamento al piano terra di un edificio condominiale o di una cantina posta nel seminterrato non servito dall’ascensore, debba corrispondere dette spese, laddove in pratica lo stesso, per la particolare posizione della proprietà privata, non viene utilizzato.
Orbene, l’art. 1124, 1° comma, 1a parte CC, recita testualmente che “le scale e gli ascensori sono mantenuti e sostituiti dai proprietari delle unità immobiliari a cui servono. La spesa relativa è ripartita tra essi, per metà in ragione del valore delle singole unità immobiliari e per l’altra metà esclusivamente in misura proporzionale all’altezza di ciascun piano dal suolo”.
È bene ricordare che la previsione normativa appena richiamata, riguarda anche “gli ascensori” per effetto della c.d. riforma del Condominio attuata con la legge 11/02/2012 n° 220 (art. 7) laddove in precedenza era riferita solo alle “scale”, ma pacificamente applicata dalla giurisprudenza, in virtù di una interpretazione analogica della norma, anche agli ascensori, stante l’identità di ratio (v. ex multis,  Cass. 8823/2015, Cass. 3264/2005, Cass. 5449/1991): un orientamento, questo, fatto proprio dal legislatore con la novella del 2012.
Ciò posto, va ora affrontata, con riferimento sempre ad un impianto di ascensore già esistente, la questione attinente la possibilità del Condomino di essere esonerato dalle spese di manutenzione e gestione dell’ascensore laddove questo non sia utilizzato dal Condomino medesimo e comunque ad esso non serva (come nel caso accennato  del proprietario di un negozio facente parte del fabbricato condominiale ma posto all’esterno dell’androne ove si trova l’ascensore o del proprietario di un immobile posto al suo interno ma al piano terra, raggiungibile senza necessità di utilizzare l’impianto o addirittura di una cantina o posto macchina nel seminterrato dove l’impianto non arriva).
La soluzione del quesito è collegata alla previsione dell’art. 1123 CC (che non è stato “toccato” dalla riforma del 2012) secondo cui le spese necessarie per la conservazione ed il godimento delle parti comuni dell’edificio etc (tra cui l’ascensore, per l’appunto ex art. 1117 CC), sono sostenute dai condomini in misura proporzionale al valore della proprietà, salvo diversa convenzione e, laddove si tratta di cose destinate a servire i condomini in misura diversa, le stesse spese sono ripartite in proporzione dell’uso che ciascuno può farne.
Una prima conclusione che si ricava dalle disposizioni di legge appena ricordate, è che avremo spese che riguardano il mantenimento e l’uso dell’ascensore, come ad esempio quelle per la forza motrice, energia elettrica, per la manutenzione ordinaria, per la sostituzione delle funi ed in genere per le piccole riparazioni, le quali vanno ripartite con il criterio di cui all’art. 1124 CC (50% in ragione dell’altezza del piano della unità immobiliare servita dall’ascensore e 50% in base al valore millesimale di ciascun appartamento). Poi vi sono le spese straordinarie quali la ricostruzione totale o parziale dell’impianto oppure la sostituzione della cabina e delle porte ai piani, che vanno sopportate da tutti i condomini in proporzione dei rispettivi millesimi di proprietà.
Quest’ultimo criterio va osservato anche per le spese sostenute per gli interventi di adeguamento dell’impianto di ascensore alla normativa dettata in tema di sicurezza, in quanto finalizzati a tutelare in generale la incolumità delle persone, come tali dipendenti dall’uso o dalla vetustà dell’impianto che richiedono interventi manutentivi ordinari o straordinari.
Sulla base delle disposizioni di legge sopra richiamate e tenuto conto della tipologia delle spese necessarie alla conservazione e godimento dell’ascensore, appare logico ritenere, in via del tutto generale, che chi non utilizza di fatto l’ascensore condominiale, per i motivi appena ricordati, debba concorrere alle spese straordinarie secondo i criteri di riparto ricordati e non a quelle relative al mancato uso (manutenzione ordinaria). Ed ancor più logica è la conclusione secondo cui se nell’edificio vi sono più scale servite ognuna da un autonomo impianto, le spese verranno ripartite separatamente per ogni ascensore e per coloro che ne usufruiscono.
Ma la questione non appare così pacifica come sembrerebbe, tanto che alcuni giudici di merito hanno opinato, sulla base del principio di presunzione di condominialità dell’ascensore, che le spese di manutenzione dello stesso, sia ordinarie che straordinarie, debbano essere ripartite fra tutti i condomini con il criterio della proporzionalità di cui agli artt. 1123 e 1124 CC, a nulla rilevando la considerazione che il proprietario dell’appartamento, nel caso specifico posto al piano terra, ne usufruisca in concreto (così il Tribunale di Nocera Inferiore 29/09/2004, Tribunale di Salerno 03/11/2009 entrambe in Red. Giuffrè De Jure 2009, ma nella sessa prospettiva v. anche, da ultimo, Tribunale di Milano XIII Sezione 19/09/2017 pubblicata in StudioCataldi.it 2017, secondo cui in mancanza di un accordo tra i condomini che deroghi ai suddetti criteri, sempre possibile in subiecta materia, non a maggioranza ma all’unanimità, il pagamento delle spese dell’ascensore devono essere ripartite anche ai proprietari del piano terreno e delle cantine).
Tale orientamento troverebbe la sua ratio nella circostanza che l’immobile, pur se di fatto non servito dall’ascensore, riceverebbe comunque un maggior valore e prestigio dalla sola presenza nel fabbricato condominiale dell’impianto.
Ma come già accennato, le opinioni in dottrina e giurisprudenza non appaiono improntate alla uniformità, segnalandosi, in senso opposto all’orientamento appena ricordato, quello seguito (nella specificha ipotesi dell’ascensore) dal Tribunale di Parma 10/05/2011 n° 559 in Arch. Loc. 2011, 4, 459 secondo cui “non è tenuto a contribuire alle spese di rifacimento dell’ascensore il condomino proprietario di unità immobiliari adibite a negozi, con accesso diretto ed indipendente, esclusivamente dall’esterno, prive di cantina e con nessuna possibilità di utilizzare l’ascensore e le scale comuni (fattispecie nella quale è anche risultato che, per espressa previsione del Regolamento Condominiale, i suddetti locali non partecipavano alle spese di manutenzione ordinaria e/o straordinaria).
In senso parzialmente conforme al precedente appena citato, sembrano declinare le decisioni del Tribunale di Bologna 02/05/1995 e Tribunale di Parma 29/09/1994, entrambe pubblicate in Red. Giuffrè 1994/1995 ed in Arch. Locazioni, rispettivamente 1996, 87 e 1994, 831. Infatti, da esse si ricava che solo le spese che attengono al profilo della proprietà del bene, come quelle straordinarie (in entrambe le fattispecie le spese per gli interventi di adeguamento alle norme di sicurezza) debbono essere sopportate da tutti i condomini, compresi i proprietari al piano terra, in ragione dei rispettivi millesimi di proprietà.
In ogni caso, come già accennato, è principio pacificamente ammesso dalla Corte Regolatrice quello secondo cui la disciplina sul riparto delle spese inerenti ai beni comuni (1123-1125 CC) è suscettibile di deroga con atto negoziale e, quindi, anche con Regolamento condominiale che abbia natura contrattuale. In tal senso, deve ritenersi legittima sono solo una convenzione che ripartisca tali spese tra i condomini in misura diversa da quella legale, ma anche quella che preveda l’esenzione totale o parziale per taluni dei condomini dall’obbligo di partecipare alle spese medesime. In quest’ultima ipotesi, nel caso cioè in cui la clausola del regolamento condominiale stabilisca in favore di taluni condomini l’esenzione totale dall’onere di contribuire a qualsiasi tipo di spese (comprese quelle di conservazione), in ordine a una determinata cosa comune (nel caso, l’ascensore), si ha il superamento nei riguardi della suddetta categoria di condomini della presunzione di comproprietà su quella parte del fabbricato. Per contro, in assenza di siffatta previsione contrattuale, la proprietà comune del bene impone la partecipazione di tutti i condomini alle decisioni che concernono detto bene. Fattispecie nella quale la Corte ha conseguentemente ritenuto illegittima la delibera assembleare inerente l’esecuzione di un intervento di ristrutturazione dell’ascensore, essendo stata adottata con la partecipazione dei soli condomini proprietari degli appartamenti situati dal primo all’ultimo piano dell’edificio, con esclusione dei proprietari del piano ammezzato e dei negozi (così Cass. 14/07/2015 n° 14697 ma cfr anche Cass. 22/09/2014 n° 19108 e Cass. 23/12/2011 n° 28679).
Per quanto riguarda l’installazione ex novo di un ascensore in un edificio in condominio (che è più propriamente l’ipotesi esaminata dalla Cassazione nella sentenza in commento) le cui spese sono ripartite proporzionalmente al valore della proprietà di ciascun condomino (cfr. Cass. 5975/2014 e Cass. 3264/2005), costituisce innovazione che può essere deliberata dalla assemblea condominiale con la maggioranza prevista dall’art. 1136 CC oppure direttamente realizzata con il consenso di tutti i condomini, così divenendo l’impianto di comune proprietà.
Trattandosi, tuttavia, di impianto suscettibile di utilizzazione separata, proprio quando l’innovazione, e cioè la modificazione materiale della cosa comune (nella specie, il vano scale) conseguente alla realizzazione dell’ascensore, non sia stata approvata in assemblea (lo stesso art. 1121 CC, comma 2, parla di maggioranza dei condomini che abbia “deliberata o accettata” l’innovazione), essa può essere attuata anche a cura e spese di uno o di taluni condomini soltanto (con i limiti di cui all’art. 1102 CC), salvo il diritto degli altri di partecipare in qualunque tempo ai vantaggi dell’innovazione, contribuendo nelle spese di esecuzione e di manutenzione dell’opera (Cass. Sez. 2, 18/08/1993 n° 8746; Cass. Sez. 2, 18/11/1971 n° 3314; Cass. Sez. 2, 13/03/1963 n° 614). Dunque, l’ascensore, installato nell’edificio dopo la costruzione di quest’ultimo per iniziativa di parte dei condomini, non rientra nella proprietà comune di tutti i condomini, ma appartiene in proprietà a quelli di loro che l’abbiano impiantato a loro spese. Ciò dà luogo nel condominio ad una particolare comunione parziale dei proprietari dell’ascensore, analoga alla situazione avuta a mente dall’art. 1123 CC, comma 3, comunione che è distinta dal condominio stesso, fino a quando tutti i condomini non abbiano deciso di parteciparvi. L’art. 1121 CC, comma 3, fa, infatti, salva agli altri condomini la facoltà di partecipare successivamente all’innovazione, divenendo partecipi della comproprietà dell’opera, con l’obbligo di pagarne pro quota le spese impiegate per l’esecuzione, aggiornate al valore attuale.
Novembre 2017- Avv. Antonio Arseni Foro-Civitavecchia