La sentenza in oggetto si è pronunciata in tema di responsabilità per danni da cose in custodia (art. 2051 c.c.) e onere della prova. 
Nella specie: all’uscita da un edificio in condominio un bambino viene danneggiato dal portone condominiale: i genitori, nella loro qualità di tutori del minore, decidono di far causa alla compagine per ottenere il risarcimento del danno subito dal loro figliuolo. Dopo che sia in primo che in secondo grado questa richiesta è stata respinta, i genitori del malcapitato bambino hanno avuto ragione in Cassazione. Si legge in sentenza:
 “ - la responsabilità prescinde dall’accertamento del carattere colposo dell’attività o del comportamento del custode e ha natura oggettiva, necessitando, per la sua configurabilità, del mero rapporto eziologico tra cosa ed evento; la responsabilità prescinde, altresì, dall’accertamento della pericolosità della cosa e sussiste in relazione a tutti i danni da essa cagionati, sia per la sua intrinseca natura, sia per l’insorgenza di agenti dannosi, essendo esclusa solo dal caso fortuito, che può essere rappresentato – con effetto liberatorio totale o parziale – anche dal fatto del danneggiato, avente un’efficacia causale idonea a interrompere del tutto il nesso causale tra cosa ed evento dannoso o da affiancarsi come ulteriore contributo utile nella produzione del pregiudizio (Cass. civ. 7 aprile 2010, n. 3229; Cass. civ. 19 febbraio 2008, n. 4279; Cass. civ. 5 dicembre 2003, n. 28811); 
- posto che funzione della norma è quella di imputare la responsabilità a chi, traendo profitto dalla cosa, si trova nelle condizioni e di doverne sopportare gli incomodi e di controllarne i rischi, deve considerarsi custode chi di fatto ne governa le modalità d’uso e di conservazione, e non necessariamente il proprietario; 
- ove vi sia rapporto di custodia, la responsabilità ex art. 2051 c.c., è esclusa, come si diceva innanzi, solamente dal caso fortuito, che è qualificazione incidente sul nesso causale e non sull’elemento psicologico dell’illecito, e che individua un fattore riconducibile a un elemento esterno, avente ì caratteri dell’imprevedibilità e dell’inevitabilità (confr. Cass. civ. 7 luglio 2010, n. 16029; Cass. civ. 19 febbraio 2008, n. 4279; Cass. civ. 6 luglio 2006, n. 15384);
- al danneggiato compete provare l’esistenza del rapporto eziologico tra la cosa e l’evento lesivo: più nello specifico, ricordato che la responsabilità presunta per danni da cose in custodia è configurabile anche con riferimento ad elementi accessori, pertinenze inerti e qualsivoglia altro fattore che, a prescindere dalla sua intrinseca dannosità o pericolosità, venga a interferire nella fruizione del bene da parte dell’utente, la prova che il danneggiato deve dare, anche a mezzo di presunzioni, consiste nella dimostrazione del verificarsi dell’evento dannoso e del suo rapporto di causalità con il bene in custodia; spetta invece al custode provare l’esistenza di un fattore estraneo alla sua sfera soggettiva, idoneo a interrompere quel nesso causale (cfr. Cass. civ. 19 maggio 2011, n. 11016; Cass. civ. 2 febbraio 2007, n. 2308)”.
In conclusione: chi si fa male a causa di una cosa appartenente ad altra persona, per vedere riconosciute le proprie ragioni deve: 
a) provare il danno;
b) provare il nesso di causalità tra il danno e la cosa da cui afferma provenire il danno medesimo.
Nessun onere il merito alla colpa o al dolo del proprietario del bene: si tratta di un caso di responsabilità oggettiva e quindi starà al proprietario l’onere di provare che il più volte citato danno è stato causato per un fatto fortuito assolutamente imprevisto o imprevedibile. (Avv. Gianluca Perrone)