Con la legge in commento, il legislatore è intervenuto profondamente nel riformare un istituto, quello del condominio, che attendeva da anni di essere adeguato alla realtà dei tempi.

Difatti, con la presente legge si è inteso prendere atto di quella che è stata l'elaborazione giurisprudenziale maggioritaria di questi anni, e che ha appunto supplito, attraverso la costante interpretazione, a quelle mancanze di precise indicazioni del legislatore.

Al momento, vi sono ancora alcuni mesi per prepararsi alle novità introdotte dalla riforma: infatti, le nuove norme entreranno in vigore a far data dal 17 giugno 2013.

 

Nell'approfondimento di oggi, ci occupiamo della possibilità di essere esentati dalla partecipazione alle spese riguardanti le parti comuni, e sulla divisibilità delle parti comuni stesse.

E' noto che al condomino è impedito di sottrarsi al contributo, pro quota, per le spese di conservazione delle parti comuni tramite la rinunzia al suo proporzionale diritto di proprietà sulle parti stesse. Il legislatore è intervenuto profondamente su tale concesso, anche attraverso la previsione di una ipotesi di eccezione (che peraltro è l'approdo di una giurisprudenza costante in questi ultimi anni).

Ed ecco allora che dal 17 giugno 2013 la rinuncia al proprio diritto di comproprietario su una parte comune sarà vietata a prescindere (cioè, anche se tale rinuncia non è strumentale al cercare di non pagare la propria parte di spese di conservazione). Quanto poi alla possibilità stessa di sottrarsi a detto contributo spese, viene chiarito che ciò non sarà consentito neppure nella ipotesi che il condomino abbia mutato la destinazione d'uso del proprio immobile (con riserva di poterlo fare comunque se così dirà o dica normativa specifica).

L'eccezione alla rigorosa regola di irrinunciabilità al proprio diritto di comproprietà (che, come si è detto, è adesso addirittura “sganciata” dallo scopo di non pagare la quota parte di spese) è costituita dall'evenienza che il condomino intenda rinunciare al suo diritto di comproprietà sull'impianto centralizzato di riscaldamento o condizionamento. Tale rinuncia comporterà per lo stesso l'impossibilità di usare tale impianto, ma ad una condizione, alternativamente:

- se il distacco del condomino dall'impianto non porta notevoli squilibri di funzionamento

- o aggravi di spesa per i condomini che restano collegati.

In caso di rinuncia al collegamento, il condomino dovrà comunque contribuire alla manutenzione straordinaria, e alla conservazione e messa a norma dell'impianto.

 

In merito alla possibilità di dividere le parti comuni dell'edificio in rispettive parti di godimento di ciascun condominio, la regola aurea vuole che ciò sia consentito se l'uso che ciascuno possa fare delle parti comuni non diventi più scomodo. Il legislatore introduce il requisito fondamentale che, ferma restando la verifica negativa sull'uso più scomodo, vi sia il consenso alla divisione da parte di di tutti gli aventi diritto.