Ascensore privato nel cortile del condominio - Quale rapporto tra disabilità e condominio - La legge sull’eliminazione delle barriere architettoniche deroga dalle distanze legali
 
Corte di cassazione - Sezione II civile - Sentenza 3 agosto 2012 n. 14096  Oggi, le nuove costruzioni sono regolamentate in maniera tale da assicurare maggiore tutela  dell’ ambiente e di chi è svantaggiato. La legge n. 13 del 9 gennaio 1989, ha contribuito al superamento e all’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati di nuova costruzione.
Ai sensi e per gli effetti dell’ art. 1 primo comma, la progettazione deve prevedere:
a) accorgimenti tecnici idonei alla installazione di meccanismi per l’accesso ai piani superiori, ivi compresi i servo scala;
b) idonei accessi alle parti comuni degli edifici e alle singole unità immobiliari;
c) almeno un accesso in piano, rampe prive di gradini o idonei mezzi di sollevamento;
d) l’installazione, nel caso di immobili con più di tre livelli fuori terra, di un ascensore per ogni scala principale raggiungibile mediante rampe prive di gradini.
Le deliberazioni che hanno per oggetto le innovazioni da attuare negli edifici privati dirette ad eliminare le barriere architettoniche di cui all’articolo 27, primo comma, della legge 30 marzo 1971, n. 118, ed all’articolo 1, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1978, n. 384, nonché la realizzazione di percorsi attrezzati e la installazione di dispositivi di segnalazione atti a favorire la mobilità dei ciechi all’interno degli edifici privati, vengono approvate dall’assemblea del condominio, in prima o in seconda convocazione, con le maggioranze previste dall’articolo 1136, secondo e terzo comma, del codice civile.
Ai sensi dell’ art. 2 comma 2 si stabilisce che: “Nel caso in cui il condominio rifiuti di assumere, o non assuma entro tre mesi dalla richiesta fatta per iscritto, le deliberazioni di cui al comma 1, i portatori di handicap, ovvero chi ne esercita la tutela o la potestà di cui al titolo IX del libro primo del codice civile, possono installare, a proprie spese, servoscala nonché strutture mobili e facilmente rimovibili e possono anche modificare l’ampiezza delle porte d’accesso, al fine di rendere più agevole l’accesso agli edifici, agli ascensori e alle rampe dei garages”.
Segue l’ art. 3 primo comma in cui si precisa che: “Le opere di cui all’articolo 2 possono essere realizzate in deroga alle norme sulle distanze previste dai regolamenti edilizi, anche per i cortili e le chiostrine interni ai fabbricati o comuni o di uso comune a più fabbricati”.
“E’ fatto salvo l’obbligo di rispetto delle distanze di cui agli articoli 873 e 907 del codice civile nell’ipotesi in cui tra le opere da realizzare e i fabbricati alieni non sia interposto alcuno spazio o alcuna area di proprietà o di uso comune”.
Ciò premesso, si pone il problema relativamente alle costruzioni esistenti prima dell’ entrata in vigore della legge n. 13/89, che risultino carenti quanto a strutture anti- barriere architettoniche.
In merito, a fronte di un ricorso presentato da un disabile che chiedeva all’assemblea condominiale l’installazione dell’ascensore privato in un cortile condominiale, la cui struttura ne era sprovvista, la Corte d’ Appello ne rigettava l’istanza spiegando che: “l’ascensore nella casa di un disabile non potrebbe paragonarsi all’allaccio dell’elettricità come condizione di vivibilità dell’appartamento … che rispetti l’evoluzione delle esigenze generali dei cittadini”;
Di contrario avviso è stata la pronuncia della Corte di Cassazione che, con recente sentenza n. 14096 del 3 agosto 2012 ha accolto il ricorso del disabile sulla seguente motivazione:
La legge anti- barriere architettoniche derogano alle norme codicistiche in materia di distanze legali, e il vicino non può opporsi a meno che l’impianto autorizzato dall’assemblea condominiale non impedisca l’uso comune del cortile in cui è installato”.
L’ascensore può ormai ritenersi a pieno titolo un elemento necessario per l’abitabilità di un appartamento e dunque la sua installazione può avvenire anche in deroga alla normativa sulle distanze minime.
Sarà dunque cura di chi ha interesse all’installazione dimostrare, con prove tecniche, che la stessa non incide, in maniera apprezzabile, sull’utilizzo delle parte comune.
In definitiva, per la Cassazione non si può escludere anche per l’ascensore l’operatività del principio per cui le indicazioni della norma del codice civile (articolo 1102) relativa all’utilizzazione delle parti comuni non operano “nell’ipotesi di installazione di impianti che devono considerarsi indispensabili ai fini di una reale abitabilità dell’appartamento” (Cassazione sentenza 7752/1995).  (Avv. Gianluca Perrone)