Quando si parla di regolamento condominiale, bisogna sempre distinguere tra regolamento d’origine assembleare e contrattuale.
Il primo approvato con le maggioranze di cui all’art. 1138 c.c. può solamente disciplinare le modalità d’uso delle cose comuni, l’amministrazione dell’edificio e quant’altro indicato dalla succitata norma. Il regolamento contrattuale, invece, può imporre degli oneri reali o delle vere e proprie servitù: questo tipo di regolamento può limitare le facoltà d’uso delle parti di proprietà comune e delle unità immobiliari di proprietà esclusiva. In quest’ultimo caso, “ i divieti e i limiti devono risultare da espressioni incontrovertibilmente rivelatrici di un intento chiaro non suscettibile di dar luogo a incertezze” (Cass. 20 luglio 2009, n. 16832, sentenza riferita a parti di proprietà esclusiva il cui principio, tuttavia, è estensibile anche alle limitazioni d’uso delle cose comuni).
Cosa accade, ad esempio, se un regolamento contrattuale vieti una qualsivoglia alterazione del decoro dello stabile ma per una particolare destinazione d’uso delle unità immobiliari di proprietà esclusiva, ai fini dell’adeguamento alle norme di legge, si rendano necessari interventi sulle parti comuni chiaramente alterativi del decoro stesso? La risposta fornita dalla Cassazione, con la sentenza n. 2422 del 2 febbraio 2011, è categorica:              “un regolamento condominiale di natura contrattuale può legittimamente apportare esclusioni o restrizioni alle facoltà che ordinariamente, ai sensi dell'articolo 1102 del codice civile, competono ai singoli partecipanti relativamente alle parti comuni, anche se ciò comporta limitazioni nell'uso dei beni di proprietà individuale. Tali limitazioni valgano anche nel caso in cui le opere sono rese necessarie da sopravvenute prescrizioni al fine di poter continuare ad adibire l'immobile all'uso cui è destinato. Difatti la liceità dello svolgimento di una data attività è condizionato all'osservanza sia della disciplina pubblicistica che la regola, sia degli obblighi civilistici contrattualmente assunti dall'interessato verso terzi. (Nella specie la collocazione della scala di sicurezza esterna, eseguita per adeguare alle prescrizioni sull'edilizia scolastica l'unità immobiliare adibita a scuola, contravveniva alle clausole del regolamento condominiale contrattuale e non è stata ritenuta valida la giustificazione dell'impossibilità di continuare ad adibire a scuola la porzione immobiliare, se la nuova opera non fosse stata realizzata. Il contratto di locazione è stato risolto per impossibilità sopravvenuta derivante da factum principis.)” (Cass. 2 febbraio 2011 n. 2422).
(Avv. Gianluca Perrone)