L’art. 61 del decreto cd. “milleproroghe”, convertito in legge 26.2.2011 n. 10, contiene l’interpretazione autentica dell’art. 2935 cod. civ. - a norma del quale il termine di prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere - e dispone testualmente che in ordine alle operazioni bancarie regolate in conto corrente l'articolo 2935 del codice civile si interpreta nel senso che la prescrizione relativa ai diritti nascenti dall'annotazione in conto inizia a decorrere dal giorno dell'annotazione stessa.”.

Tale norma disattende la decisione delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (SS.UU. 2.12.2010 n. 24418), che aveva affermato il principio – per così dire opposto- e comunque più favorevole ai correntisti, secondo cui il termine di prescrizione, per le operazioni bancarie regolate in conto corrente, comincia a decorrere dal giorno della chiusura del rapporto e non dalla data dell’annotazione in conto.
 

Il problema interpretativo si era posto all’attenzione della giurisprudenza in quanto, all'esito dell'evoluzione giurisprudenziale e normativa  che aveva dapprima stabilito l'illegittimità della diversa periodicità di capitalizzazione degli interessi (trimestrale per gli interessi debitori e annuale per gli interessi creditori), sino alla sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione del 4.11.2004 n. 21095, che aveva statuito l’illegittimità della capitalizzazione trimestrale degli interessi, i correntisti avevano instaurato numerose cause contro le banche dirette ad ottenere la restituzione di quanto dalle stesse illegittimamente addebitato a titolo di anatocismo; tuttavia gli istituti di credito avevano spesso eccepito la prescrizione del diritto alla restituzione, sostenendo che il relativo termine decennale cominciava a decorrere dal giorno dell’annotazione in conto e non dal giorno della chiusura del rapporto.

La recente sentenza della Corte di Cassazione del dicembre scorso, intervenendo su questo aspetto, aveva invece statuito il principio opposto, senz’altro più favorevole ai correntisti, in quanto faceva decorrere il termine decennale di prescrizione dalla data della chiusura del conto e non dal giorno dell’annotazione dell’addebito degli interessi.
 

Il legislatore ha invece ritenuto di intervenire in senso opposto introducendo la norma sopra richiamata, cosicché il giudice – di fatto –, a seguito dell’eccezione di prescrizione sollevata dagli istituti di credito, verificato che l’addebito contestato risale a oltre dieci anni prima l’introduzione della domanda giudiziale da parte del correntista, non potrà che dichiarare il credito restitutorio prescritto e, dunque, respingere la relativa domanda.

Occorre precisare che l’introduzione della domanda giudiziale interrompe il decorso del termine di prescrizione, per cui, se la domanda è stata proposta prima che siano trascorsi dieci anni dall’addebito degli interessi capitalizzati, il giudizio si concluderà – salva la peculiarità di ogni singolo caso – in senso favorevole al correntista.

 

Si evidenzia infine che il legislatore, forse nel tentativo di mitigare la portata di questa norma, ha inserito nella stessa la disposizione per cui “In ogni caso non si fa luogo alla restituzione di importi già versati alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.

Secondo quanto riferito dal sottosegretario all'Economia, Sonia Viale, seguirà una circolare del Ministero diretta a chiarire che tale disposizione va intesa nel senso che i correntisti non sono tenuti a restituire alla banca gli importi che le medesime hanno loro già versato alla data di entrata in vigore del decreto legge e, allo stesso tempo, che la banca è tenuta a versare al correntista quanto dalla stessa dovuto per effetto della sentenza passata in giudicato prima della data di entrata in vigore della legge di conversione (ossia i 26 febbraio 2011), sebbene la banca non abbia ancora dato corso all’esecuzione spontanea della sentenza.

Emanuela Sacchi