A far data 1 gennaio 1994 è entrato in vigore il Testo Unico bancario che ha previsto all'art. 117 al comma 4 che "I contratti indicano il tasso d'interesse e ogni altro prezzo e condizione praticati, inclusi, per i contratti di credito, gli eventuali maggiori oneri in caso di mora.", applicando al successivo 7 "In caso di inosservanza del comma 4 e nelle ipotesi di nullità indicate nel comma 6, si applicano: a) il tasso nominale minimo e quello massimo dei buoni ordinari del tesoro annuali o di altri titoli similari eventualmente indicati dal Ministro del tesoro, emessi nei dodici mesi precedenti la conclusione del contratto, rispettivamente per le operazioni attive e per quelle passive". Non vi sono dubbi che le problematiche legate ad una clausola così posta non sono differenti dalle argomentazioni che hanno tenuto impegnati i giuristi per anni, ovvero la c.d. clausola di rinvio all'uso piazza. Sia l'ipotesi dell'uso piazza che quello in trattazione, sono infatti caratterizzati dalla indeterminatezza e arbitrarietà. Non a caso l'art. 1284 comma 3 cc sancisce espressamente il principio della osservanza della forma scritta ad substantiam nell'ipotesi della pattuizione convenzionale di un saggio di interesse superiore a quello legale. Poiché deve ritenersi la scrittura con cui viene convenuto un saggio di interesse superiore a quello legale costitutiva e non già dichiarativa, sarà priva di rilevanza giuridica un riconoscimento che il debitore faccia anche tacitamente ex post (Cass. 2690/87) di un tasso, applicato durante il rapporto, non tuttavia pattuito, nè quantificato (né quantificabile) nel contratto di conto corrente. Rilievo determinante al fine della configurabilità del vizio (assoluto) della clausola in esame, sono le norme previste dal D. Lgs. 385/1993, che, come già precedentemente previsto dalla legge 154/1992 , ha disposto che i contratti di conto corrente indichino il tasso di interesse e le altre condizioni praticate, nonché, per le ipotesi di inosservanza della prescrizione, un meccanismo di integrazione automatica del ontratto (articolo 117 IV e VII comma TUB).
In particolare, l'articolo 117 VI comma TUB, sancisce la nullità delle clausole contrattuali di rinvio agli usi per la determinazione dei tassi di interesse: la nullità non è solo un rilievo giurisprudenziale bensì un dato normativo certo indefettibile. Anche in merito, non già alla "determinatezza", ma alla "determinabilità", e quindi la possibilità di determinare la misura del tasso di interesse per relationem, la giurisprudenza ha precisato i limiti entro cui può considerarsi ammissibile il riferimento ad elementi estrinseci e futuri (Cass. 4605/96, 2103/96). La ratio deve avere ad oggetto parametri effettivamente determinabili e non già discrezionalmente applicabili quali quelli costituiti da tassi medi rilevati dall'ABI e dalla Banca d'Italia che rappresentano un dato di riferimento assolutamente incerto in quanto si limitano a dimostrare solamente "l'esistenza di un fascio di tassi di interesse, non di un tasso unico cui ragguagliare il singolo rapporto di conto corrente" (Cass. 10657/96, 11042/97). Ai fini della liceità della determinazione del tasso di interesse per relationem deve necessariamente sussistere l'effettiva determinabilità dell'oggetto della pattuizione elemento questo che può ritenersi effettivamente esistente solo se riferita ad una fonte obiettiva sufficientemente univoca. Molto spesso, per i contratti datati, i tassi di interesse non venivano mai determinati in c/c ma solamente stabiliti via via durante il rapporto contrattuale, peraltro con applicazioni retroattive rispetto alle comunicazioni periodiche, lo si desume dagli estratti conto redatti ai sensi dell'articolo 50 del TUB da cui emerge con chiarezza che è stato sempre applicato nel corso del rapporto un tasso di interesse non pattuito per iscritto ma unilateralmente sempre e solo in sede di applicazione e conteggio trimestrale degli interessi passivi.

Particolarmente interessante appare il Tribunale di Taranto 13.03.2013 "peraltro anche a voler considerare che un tasso ultralegale fisso ex art. 1284, II co., c.c., a carico del cliente correntista, fosse stato pattuito per iscritto, la circostanza che nel corso del rapporto sia variato costantemente implica che il primo non fosse più vincolante per le parti; e l'onere allora di dimostrare la pattuizione scritta della modifica contrattuale del tasso originariamente pattuito per iscritto – o per il periodo successivo all'entrata in vigore del Testo Unico Bancario la pattuizione scritta della clausola autorizzativa dello ius variandi in materia – finisce con il gravare sulla banca creditrice (arg. dal combinato disposto ex art. 1284, II co. – 2697, II co., c.c.)".
 In materia di forma scritta prescritta dalla legge per il potere di variare, unilateralmente e sfavorevolmente per il cliente, il tasso convenuto ha avuto occasione di pronunziarsi la S.C.(29 maggio 2012 n. 8548): "In tema di contratti bancari, secondo quanto previsto dagli art. 6 e 4 l. n. 154 del 1992 e 118 d.lg. n. 385 del 1993, in ipotesi di variazioni delle condizioni contrattuali in senso sfavorevole per il cliente, l'obbligo di comunicazione al cliente medesimo sussiste per la banca solamente se ed in quanto essa abbia esercitato il diritto, contrattualmente previsto, di variare unilateralmente, ed in senso sfavorevole alla controparte, talune condizioni del contratto medesimo…"

Stessa conclusione per le altre forme di remunerazione aggiuntiva del credito applicate dalla banca, quali le commissioni di massimo scoperto, le spese e le valute.

Anche il Tribunale di Milano con decisioni del 19 luglio 2013 e 15 ottobre 2012 hanno affermato nel solco della giurisprudenza ormai univoca, che "perché una convenzione relativa agli interessi sia validamente stipulata ai sensi dell'art. 1284 c.c.che è norma imperativa, la stessa deve avere un contenuto assolutamente univoco e contenere la puntuale specificazione del tasso di interesse; ove il tasso sia variabile, è idoneo ai fini della sua precisa individuazione il riferimento a parametri fissati su scala nazionale alla stregua di accordi interbancari, mentre non sono sufficienti generici riferimenti dai quali non emerga con sufficiente chiarezza quale previsione le parti abbiano abbiano inteso richiamare con la pattuizione".