1) La rivoluzionaria sentenza della Corte di Cassazione n. 350/2013 permette il recupero integrale degli interessi pagati su mutui, leasing e finanziamenti, quando i tassi o le penali superano la soglia di usura.?Con la sentenza n. 350/2013 del 9 gennaio 2013, la Corte di Cassazione ha stabilito che per verificare se il tasso praticato dalla banca sul mutuo ipotecario è usurario, si devono conteggiare anche gli interessi di mora.? Il confronto del tasso praticato dalla banca con il tasso soglia per mutuo ipotecario, deve avvenire, dunque, tenendo conto anche degli interessi moratori contrattualmente previsti in caso di ritardato pagamento delle rate? In pratica, il tasso del mutuo è comunque da considerare usurario se la somma tra gli interessi convenzionali (richiesti dalla banca come corrispettivo per il prestito) e quelli moratori fissati nel contratto di mutuo (dovuti dal mutuatario in caso di ritardato pagamento) supera il tasso soglia di usura. Un contratto di mutuo o di finanziamento che applica interessi di usura può essere annullato dal giudice su ricorso del mutuatario usufruendo di tutte le possibilità previste dalla Legge 108/96, tra cui la restituzione di tuti gli interessi versati.
  2) La Corte costituzionale il 02 Aprile 2012 ha bocciato la norma del passato decreto ” mille proroghe ” che aveva tagliato drasticamente i tempi per presentare ricorso. Per effetto della sentenza (Corte cosituzionale, sentenza 78-2012 .pdf), adesso, i clienti delle banche che negli anni ‘90 ritengono di avere subìto un danno per l’addebito di interessi non dovuti potranno fare valere le proprie ragioni.
La Corte Costituzionale boccia la norma salva banche che aveva tagliato i termini per il ricorso. I clienti delle banche che si ritengono danneggiati anche negli anni ‘90, per interessi non dovuti causati da illecita capitalizzazione degli interessi ( interessi su interessi ), potranno far valere i propri diritti.?Secondo la Corte viola l’art.3 della Costituzione l’articolo 2, comma 61, del Dl Milleproroghe 225 del 2010 che così recitava: “ in ordine alle operazioni bancarie regolate in conto corrente l’articolo 2935 del Codice Civile si interpreta nel senso che la prescrizione relativa ai diritti nascenti dall’annotazione in conto inizia a decorrere dal giorno dell’annotazione stessa. In ogni caso non si fa luogo alla restituzione di importi già versati alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. Le motivazioni così recitano “l’efficacia retroattiva della deroga rende asimmetrico il rapporto contrattuale di conto corrente perché, retrodatando il decorso del termine di prescrizione, finisce per ridurre irragionevolmente l’arco temporale disponibile per l’esercizio dei diritti nascenti dal rapporto stesso, in particolare pregiudicando la posizione giuridica dei correntisti che, nel contesto giuridico anteriore all’entrata in vigore della norma denunziata, abbiano avviato azioni dirette a ripetere somme ai medesimi illegittimamente addebitate». Si viola così «l’art. 3 Cost., perché la norma censurata, facendo retroagire la disciplina in esso prevista, non rispetta i principi generali di eguaglianza e ragionevolezza (sentenza n. 209 del 2010)?Inoltre, la norma contrasta anche con l’articolo 117 «nella parte in cui impone la conformazione della legislazione interna ai vincoli derivanti dagli obblighi internazionali». La Convenzione europea e le indicazioni della Corte europea dei diritti dell’uomo, spiega la Corte costituzionale, lasciano uno spazio «sia pur delimitato, per un intervento del legislatore con efficacia retroattiva (fermi i limiti di cui all’art. 25 Cost.)», purché sia giustificato da «motivi imperativi d’interesse generale». Ma nel caso in esame «non è dato ravvisare quali sarebbero i motivi imperativi d’interesse generale, idonei a giustificare l’effetto retroattivo. Violato anche il parametro costituito dall’art. 117, primo comma, Cost., in relazione all’art. 6 della Convenzione europea, come interpretato dalla Corte di Strasburgo».