1. Con il termine “prodotti finanziari derivati” o, più semplicemente, “derivati” si intendono contratti con cui un soggetto si obbliga a versare alla sua controparte contrattuale (un istituto di credito o altro intermediario autorizzato dalla legge) ovvero ricevere dalla stessa, flussi di denaro, in relazione al variare di un indice sottostante (la quotazione ufficiale di merci, quali ad es. petrolio, oro, grano, oppure la quotazione di una valuta estera, o un tasso d’interesse, quale l’Euribor) e, quindi, il cui valore “deriva”, ovverosia è influenzato, da tale indice sottostante.
 
2. Uno dei prodotti finanziari dal meccanismo di funzionamento più semplice e diffuso - tanto da essere definito anche “plain vanilla”, dal nome di un gusto di gelato assai diffuso e di semplice realizzazione - è l’Interest Rate Swap (letteralmente “scambio del tasso d’interesse”), o IRS. Essendo esso stipulato al di fuori dei mercati regolamentati (ad es. in borsa), viene anche definito “Over The Counter” (“fuori dal bancone”) o OTC. Il suo schema di funzionamento costituisce il modello base di prodotti finanziari più complessi (cfr. in tal senso Tribunale di Bologna, sentenza 14.12.2009 n. 5244), detti anche “exotics” (esotici).
Come lascia intendere il suo stesso nome, esso si fonda sul raffronto, per un certo arco temporale, tra un tasso di interesse fisso, stabilito alla stipula del contratto, ed uno variabile (di frequente, la quotazione trimestrale del tasso Euribor), entrambi applicati ad un determinato valore capitale nozionale di riferimento (notional principal amount). Alla stipula del contratto, in altri termini, il cliente si impegna a pagare alla banca per un arco temporale concordato (in genere di medio/lungo periodo e, quindi, per un certo numero di anni) ed a scadenze prestabilite un importo determinato applicando un tasso prestabilito, in genere fisso, al capitale nozionale di riferimento, mentre la banca si impegna a pagare a propria volta al cliente per lo stesso arco temporale, ed alle medesime scadenze, una somma calcolata applicando invece, sullo stesso capitale nozionale di riferimento, un tasso, generalmente variabile, concordato.
Da qui lo “scambio” (swap) del tasso d’interesse, che genera flussi di pagamento dal cliente verso la banca, e viceversa.
Con tutta evidenza, qualora il tasso fisso sia inferiore al tasso variabile, l’importo pagato dal cliente sarà inferiore a quello pagato dalla banca, mentre succederà il contrario allorché il tasso variabile sia inferiore al tasso fisso. Contabilmente, ciascun flusso di pagamento dal cliente alla banca ad ogni singola scadenza si compensa con quello contrario dalla banca al cliente, cosicché la somma che viene in effetti concretamente versata corrisponde alla sola differenza a favore del cliente o della banca.
 
3. Il contratto in esame è imperniato sulla “scommessa” che la sopra descritta differenza di flussi – a sua volta derivante dal differenziale (“netting” per ciascun pagamento periodico, “pay off” alla scadenza del contratto) tra il tasso fisso e quello variabile - sia il più possibile favorevole al cliente o, a parti invertite, alla banca, nell’arco di durata temporale del contratto. Proprio perché si tratta di una scommessa, tale vantaggio per ciascun contraente potrebbe tuttavia in concreto non verificarsi, qualora non si realizzi la previsione che il tasso su cui lo scommettitore ha “puntato” sia inferiore a quello su cui ha puntato la sua controparte contrattuale. E’ questo il rischio, o alea, insito nel contratto, tale da poterlo qualificare, appunto, un contratto aleatorio. Alea che – si noti bene - deve essere bilaterale, ovverosia sia per il cliente che per la sua controparte contrattuale.
Preme sottolineare in proposito come il legislatore italiano, su impulso europeo (vedi la c.d. Market in Financial Instruments Directive, o MiFID, n. 2004/39/CE, che verrà sostituita dalla Direttiva 2014/65/UE o MiFID 2, a partire dal 3.1.2018) valuti questo tipo di scommessa assolutamente lecito e meritevole di tutela (cfr. artt. 1 e 23 del D.Lgs. 58/1998, cosiddetto Testo Unico intermediazione Finanziaria, o T.U.F., regolamenti CONSOB attuativi ed art. 2427 bis cod. civ.) ponendo, tuttavia, garanzie alla sua consapevole sottoscrizione da parte del cliente (che deve previamente stipulare con l’intermediario un contratto quadro di negoziazione dei prodotti finanziari e deve essere classificato dall’intermediario in base alla sua competenza ed esperienza in operazioni aventi ad oggetto prodotti finanziari, nonché alla propensione al rischio, potendogli essere proposti per la sottoscrizione soltanto prodotti adeguati alla propensione al rischio ed appropriati alla sua esperienza dichiarate alla stipula del contratto quadro).
La magistratura ha inoltre chiarito come tale tutela possa essere accordata solo allorché si tratti di una scommessa che, a differenza del puro gioco d’azzardo, sia razionale, ovverosia misurabile (in tal senso si è pronunciata la Corte d’Appello di Milano con la sentenza 18.9.2013 n. 3459).
 
4. Entra a tal proposito in gioco il cosiddetto “Mark to market” o MtM, unità di grandezza in grado di esprimere sinteticamente, partendo dai dati obiettivi disponibili ad una determinata data elaborati con l’ausilio di sofisticate formule di matematica attuariale, la prognosi a quella data circa l’andamento ragionevolmente previsto del differenziale tra i tassi (fisso e variabile) oggetto della scommessa fino alla scadenza contrattuale prestabilita (si veda in tal senso da ultimo la recentissima decisione del Tribunale di Milano del 7.7.2016 n. 8463).
L’MtM è in genere calcolato dall’intermediario al momento della stipula del contratto ovvero allo scioglimento anticipato rispetto alla scadenza prestabilita, costituendo in tal caso la base di calcolo del corrispettivo da pagare per il recesso.
Se detto valore è negativo, la prognosi è che la differenza tra il tasso fisso e quello variabile sia sfavorevole al cliente e quindi, che l’andamento dell’IRS porterà lo stesso a pagare e non a ricevere denaro dalla Banca. Viceversa se detto indice è positivo. Detto valore potrebbe, però, anche essere neutro, ed in tal caso si dice che il contratto è “par” (altrimenti è “non par”).
E’ tuttavia da segnalare in proposito come una recente sentenza del Tribunale di Milano (13.5.2016 n. 6001) abbia messo in luce che soltanto teoricamente il valore dei prodotti finanziari possa essere “par” al momento della stipula, essendo esso tendenzialmente di fatto sempre negativo per il cliente in ragione degli inevitabili costi di esecuzione e dei margini di remunerazione per la banca, i quali concorrono a determinare il valore di scambio del prodotto finanziario, ossia il suo effettivo valore di mercato (detto anche “pricing”).
E’ per tale ragione che l’intermediario finanziario può invogliare il cliente all’acquisto del prodotto, oppure alla sua rinegoziazione se ha andamento negativo, stabilendo convenzionalmente che il primo flusso di pagamenti successivo alla stipula o alla rinegoziazione comporti per il cliente l’incasso anticipato di (auspicati) differenziali futuri favorevoli, in misura tale da rendere “par” il prodotto e garantirgli così, un introito certo ed immediato (cosiddetto “upfront”, ovverosia anticipo). Si noti che bene che si tratta, in realtà, di modalità con cui l’intermediario consente al cliente di meramente rinviare una perdita, tant’è che sono state reputate forme di finanziamento in senso lato, il quale dovrà essere comunque restituito dal cliente ove il valore dell’MtM del prodotto si consolidi negativo per quest’ultimo alla definitiva scadenza del contratto (si veda, in tal senso, la decisione del Tribunale di Palermo del 6.10.2015 n. 5276).
 
5. Sempre ad avviso dei giudici (cfr. la già citata sentenza della Corte d’Appello di Milano del 18.9.2013 n. 3459), ai fini della misurabilità del rischio, tale da renderlo razionale, non vanno, poi, trascurati gli “scenari probabilistici” di detta prognosi, ovverosia la percentuale di probabilità che lo scenario delineato effettivamente si verifichi.
Per fare un paragone di facile comprensione, l’acquisto del biglietto della lotteria di Capodanno comporta la possibilità di vincere il primo premio in palio per svariati milioni di Euro. La probabilità che, tuttavia, tale evento in effetti si verifichi è tanto più remota, quanto maggiore è il numero di biglietti venduti.
Allo stesso modo, alla stipula del contratto di IRS dovrebbero essere noti alle parti (presumibilmente all’intermediario, auspicabilmente al cliente) oltre all’entità dei possibili introiti, anche il grado di probabilità che essi vengano effettivamente conseguiti.
 
6. La concreta finalità di tale scommessa “razionale” può essere prettamente speculativa (trading) - allorché il cliente investa una somma di denaro pari al valore capitale nozionale di riferimento, che potrebbe quindi essere erosa in caso di andamento negativo del prodotto o accresciuta in caso di andamento positivo - oppure di copertura di un rischio (hedging), ad es. di variazione del tasso di interesse di un mutuo o di un leasing.
In questa seconda ipotesi, l’IRS viene agganciato al finanziamento, cosicché v’è un apprezzabile parallelismo tra l’andamento del prodotto finanziario ed il piano di ammortamento del finanziamento, per capitale nozionale (via via decrescente nell’IRS nella stessa misura del piano di ammortamento del mutuo o leasing), durata (la stessa per entrambi i contratti) e scadenze di pagamento (tendenzialmente coincidenti), scommettendo il cliente che un determinato tasso fisso che (questa volta) l’intermediario si impegna a pagare si mantenga superiore al tasso variabile del finanziamento sottoscritto, cosicché ai flussi di pagamento dal cliente all’intermediario in forza del mutuo o leasing corrispondano flussi contrari dall’intermediario al cliente in forza del prodotto derivato che, ove vantaggiosi per il cliente, dovrebbero in tal modo coprire il rischio di variazione del tasso del finanziamento.
Non bisogna tuttavia dimenticare che si tratta pur sempre dell’assunzione di un rischio a copertura di un altro rischio, cosicché assumono essenziale rilievo gli scenari probabilistici di effettiva copertura di quel rischio.
 
7. Un Interest Rate Swap sottoscritto senza comprenderne appieno il funzionamento ed, in particolare, la sopra evidenziata sua natura di “scommessa razionale”, può rivelarsi fonte di amare sorprese:
- in ipotesi di prodotto con finalità meramente speculative (trading), magari stipulato pre-crisi, ogni qualvolta il risparmiatore abbia scommesso sull’andamento in crescita dei tassi d’interesse, essendo essi in realtà costantemente decresciuti (fino ad arrivare ad avere negli scorsi mesi – caso unico nella storia – addirittura valore negativo…);
- in ipotesi di prodotto con finalità di copertura del rischio (hedging), allorché il tasso fisso che la banca si è impegnata a propria volta a pagare si sia rivelato “troppo basso” e, quindi, sempre inferiore al tasso variabile applicato al finanziamento a cui il prodotto è stato agganciato, cosicché il prodotto sottoscritto ha in realtà comportato un sovrapprezzo rispetto agli importi (già) da pagare in forza del finanziamento.
In tali casi, dovrà verificarsi di volta in volta, senza tuttavia cadere nella tentazione di facili, demagogiche banalizzazioni, se sia stata rispettata la cornice di garanzie previste dalla direttiva MiFID, se il contratto presentasse fin dalla stipula quell’essenziale alea bilaterale e razionale messa in luce dalla giurisprudenza, e se nel testo del contratto fossero stati adeguatamente inseriti i parametri di misurabilità di tale alea nonché, comunque, tutti i costi, anche impliciti, dell’operazione.