Premesse
Con l’introduzione nel nostro sistema, tra le fattispecie penali, della falsità in prospetto, il legi-slatore ha inteso tutelare in modo autonomo il mendacio nei prospetti e documenti richiesti in sede di sollecitazione all’investimento, di quotazione in mercati regolamentati e di offerte pub-bliche di acquisto o scambio.
L’attuale istituto ha avuto quale norma prodromica, l’art. 18 della legge 216/1971 come modifi-cato dall’art. 12 L. 77/83 il quale prevedeva un obbligo, peraltro, generico, di comunicazione preventiva alla CONSOB e la pubblicazione di un prospetto informativo, in ordine alle modalità di realizzazione di operazione di acquisto o vendita di azioni o obbligazioni convertibili median-te offerta al pubblico, sanzionando la relativa inosservanza con una ammenda.
In vigenza di detta normativa non mancarono i contrasti in dottrina, assimilabili a quelli odierni di cui si darà conto successivamente, e giurisprudenziali, il cui caso più eclatante è relativo al famoso caso “Cultrera” nel quale il giudice di prime cure (Trib. Milano 28 novembre 1987) e la Cassazione Penale (Sez. V 29 febbraio 1991) hanno ritenuto il prospetto informativo riconduci-bile al genus delle comunicazioni sociali applicando l’art. 2621 cc, contrariamente alla Corte di Appello (App. Milano 16 giugno 1990) che aveva ritenuto applicabile il solo art. 18 della 216/74.
Neppure l’introduzione del Testo Unico Finanziario, aveva in materia placato le polemiche.
La riforma del diritto penale societario
Il Decreto Legislativo 11 aprile 2002, n. 61, recante la “Disciplina degli illeciti penali e ammini-strativi riguardanti le società commerciali, a norma dell’articolo 11 della legge 3 ottobre 2001, n. 366” (Gazzetta Ufficiale del 15 aprile 2002, n. 88), ha introdotto nel codice civile l’art 2623 (Falso in prospetto), in vigore dal 16 aprile 2002, il quale specificatamente statuisce Chiunque, allo scopo di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto, nei prospetti richiesti ai fini della sollecitazione all’investimento o dell’ammissione alla quotazione nei mercati regolamentati, ov-vero nei documenti da pubblicare in occasione delle offerte pubbliche di acquisto o di scambio, con la consapevolezza della falsità e l’intenzione di ingannare i destinatari del prospetto, espo-ne false informazioni od occulta dati o notizie in modo idoneo ad indurre in errore i suddetti de-stinatari è punito, se la condotta non ha loro cagionato un danno patrimoniale, con l’arresto fi-no ad un anno.
Se la condotta di cui al primo comma ha cagionato un danno patrimoniale ai destinatari del prospetto, la pena è dalla reclusione da uno a tre anni.
Secondo la Relazione governativa, per porre fine ai contrasti interpretativi legati alla riconduci-bilità del prospetto informativo nel concetto di “comunicazione sociale” (cui era ricollegabile o meno la sanzionabilità ex art 2621 c.c., il “reato più grave” fatto salvo dalla contravvenzione di cui all’art 174 TUF), il legislatore delegante ha voluto prevedere un’autonoma fattispecie di fal-so in prospetto per fornire un’adeguata tutela dell’affidamento del pubblico degli investitori sull’idoneità delle informazioni ivi contenute, al fine di consentire l’effettuazione di scelte con-sapevoli di investimento.
Occorre sottolineare che sul punto vi erano tesi diverse, peraltro già ben delineate sotto la vigen-za della legge 216/74.
Una prima tesi affermava l’impossibilità di qualificare questa comunicazione come oggetto ma-teriale del reato di cui all’art. 2621 n. 1 c.c. in relazione al fatto che il prospetto informativo era inviato all’organo pubblico di controllo per consentire allo stesso di individuare i caratteri della manovra finanziaria proposta.
Altra tesi era sostenuta da chi argomentava che il prospetto informativo era in realtà diretto al pubblico dei risparmiatori e il passaggio all’organo di vigilanza non rappresentasse altro che una fase intermedia al processo di quotazione e, stante la discrezionalità pubblica dell’atto, non vi era ragione di escludere l’applicazione dell’art. 2621 comma 1.
Ed il dibattito continuò pure dopo l’introduzione dell’art 174 del decreto legislativo 58/1998 il quale testo normativo, tra le false comunicazioni alla CONSOB sanzionava anche le falsità in tema di prospetto relativo alla sollecitazione all’investimento, riponendo nei fatti le stesse tesi.
La riforma del 2002 ha posto fine alla diatriba differenziando le ipotesi di falso in prospetto da quelle di mendacio relative alle altre comunicazioni sociali che rientrano nel novero dei modifi-cati artt. 2621 e 2622 c.c.
Non sembrano possibili dubbi circa il bene giuridico tutelato dalla norma in esame: la fattispe-cie, con lo schema della progressione criminosa, prevedeva due fattispecie che si differenziano fra loro per il verificarsi o meno, in relazione al mendacio, di un danno patrimoniale in capo ai destinatari della comunicazione, ed era diretta a tutelare l’interesse rappresentato appunto dal patrimonio degli investitori (Musco, I nuovi reati societari, Milano,2002,78; Pistorelli, Rispar-mio:sui prospetti CONSOB decisivo il danno, in Guida Diritto 2002, 16, 58)
Posto che la contravvenzione di cui al comma 1 – necessariamente intenzionale - si verifica solo se manca l’evento di danno patrimoniale ai destinatari del prospetto, ne deriva la non configura-bilità del tentativo del delitto di cui al comma 2, non residuando logicamente alcuno spazio per una sua operatività distinta da quella del reato contravvenzionale.
Per quanto attiene l’elemento soggettivo, oltre alla consapevolezza della falsità, occorre anche la volontà di conseguire un profitto ingiusto e l’intenzione di ingannare i destinatari del prospetto: l’intento “profitto” è perciò riconducibile ad un dolo specifico senza che sia necessaria la pre-senza di detto requisito ai fini dell’integrazione della fattispecie penale punita, mentre l’intento “inganno” va ricondotta nell’alveo di un dolo generico.
Momento consumativo va individuato diversamente a seconda se il reato contestato sia quello contravvenzionale che si ritiene consumato con lo stesso invio alla CONSOB del prospetto e della relativa documentazione (locus commissi delicti nel luogo di redazione del prospetto); mentre nell’ipotesi di cui al comma 2 il momento consumativo è da individuare nel realizzarsi dell’evento danno (locus commissi delicti quello dove si realizza il danno patrimoniale).
Le modifiche apportate dalla legge 262/2005 (c.d. riforma del risparmio)
La legge 28 dicembre 2005 n. 262, recante “disposizioni per la tutela del risparmio e la discipli-na dei mercati finanziari”, ha introdotto nel Testo Unico della Finanza (d.lg. 58/1998) l’art. 173-bis. (Falso in prospetto), in vigore dal 12 gennaio 2006: “Chiunque, allo scopo di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto, nei prospetti richiesti per la sollecitazione all'investimento o l'ammissione alla quotazione nei mercati regolamentati, ovvero nei documenti da pubblicare in occasione delle offerte pubbliche di acquisto o di scambio, con l'intenzione di ingannare i desti-natari del prospetto, espone false informazioni od occulta dati o notizie in modo idoneo a indur-re in errore i suddetti destinatari, è punito con la reclusione da uno a cinque anni”.
Con la nuova formulazione viene eliminata la distinzione tra reato di pericolo (contravvenzione) e reato di danno (delitto): il falso in prospetto è reato di pericolo concreto (delitto) di mera con-dotta..
In secondo luogo viene eliminato il requisito della consapevolezza della falsità da parte del sog-getto agente, risultando lo stesso parte necessaria della condotta e prevedendo l’aumento della pena detentiva.
La fattispecie criminosa sanziona le falsità commissive (esposizione di informazioni false) e o-missive (occultamento di dati o notizie) concernenti, precisamente:
- i prospetti richiesti per la sollecitazione all’investimento (artt 94 ss. TUF) per intenderci le norme contenute nel Titolo II Capi I “Sollecitazione all’investimento”;
- i prospetti richiesti per la quotazione nei mercati regolamentati (art 113 TUF) e quindi tutte quei prospetti informativi antecedenti e successivi la quotazione nel mercato regolamentato;
- i documenti da pubblicare in occasione di offerte pubbliche di acquisto e di scambio (artt 102 ss. TUF) e quindi tutti quei prospetti relativi ad OPA o OPS.
Per quanto attiene i soggetti attivi, la norma non pare lasciare spazio a dubbi interpretativi di sorta facendo riferimento alla locuzione “chiunque” anche se nel novero dei soggetti attivi è op-portuno aggiungere anche il Dirigente preposto alla redazione del prospetto: infatti il contenuto e la diffusione di questi documenti dovranno essere vagliati pure da questa nuova figura che, es-sendo preposto alla redazione dei documenti contabili societari, e stata introdotta dalla legge 262/2005; ai sensi dell’art. 154 bis comma 6 che espressamente richiama l’applicabilità a detti soggetti delle norme incriminatici poste a carico degli amministratori.
Infatti l'articolo 154-bis che al comma 1 stabilisce: «Lo statuto prevede le modalità di nomina di un direttore finanziario responsabile della redazione dei documenti contabili societari» e, più ol-tre, prevede che a tal fine egli predisponga adeguate procedure amministrative e contabili e goda di adeguati poteri.
Inoltre - riferendosi probabilmente a quanto recentemente disposto negli Stati Uniti dal Sarba-nes-Oxley act - il direttore finanziario unitamente agli organi amministrativi delegati dovrà rila-sciare un'attestazione circa l'adeguatezza delle suddette procedure amministrative e contabili.
Sono disposizioni fondamentali per la trasparenza dell'informativa societaria. Esse colmano una lacuna della legge Draghi che ha avuto il merito di porre attenzione agli aspetti rilevanti dell'or-ganizzazione societaria, dando rilievo alla funzione di internal auditing e allo stesso sistema di controllo interno. Tra i soggetti deputati all'attività quotidiana nelle aziende si devono trovare i primi e più importanti presidi alle patologie. È da queste attività che nascono le malversazione: quindi è fondamentale che il controllo si esplichi prima e durante, e non solo successivamente all'effettuazione delle operazioni aziendali, così da poter prevenire o fermare comportamenti de-littuosi evitando che accadano
Le problematiche aperte sul falso in prospetto
Il mancato coordinamento con l’art 25 ter d.lg. 231/2001
Il problema risiede nella circostanza che l’art 25 ter d.lg. n. 231 – che prevedeva la responsabili-tà amministrativa dell’ente in relazione al falso in prospetto ex art 2623 c.c. - non è stato invece modificato sul punto.
Tale difetto di coordinamento non è affatto irrilevante, al punto che bisogna chiedersi se, dopo la menzionata modifica del falso in prospetto, residua la possibilità di imputare questo delitto ad una persona giuridica.
In altri termini: l’art 25 ter opera un rinvio formale al (solo) falso in prospetto come disciplinato dall’art 2623 c.c. (contestualmente introdotto dal d.lg. n. 61/2002) oppure anche alle eventuali successive modifiche della disciplina sanzionatoria dell’illecito in questione così operando un rinvio recettizio?
A parere di chi scrive deve concludersi che il delitto in questione a decorrere dall’entrata in vi-gore della legge 262 non è più imputabile all’ente collettivo, stante l’impossibilità di integrazio-ne analogica, vietata dalla legge penale con la conseguenza che eventuali procedimenti instaura-ti, ai sensi del d.lg. 231 a carico di società per il falso in prospetto, per fatti commessi tra il 16 aprile 2002 e il 12 gennaio 2006, devono concludersi con sentenza di proscioglimento ai sensi dell’art 3 comma 1 del d.lg. 231 che espressamente disciplina la successione delle leggi nel tem-po con specifico riferimento appunto alla responsabilità delle persone giuridiche.
L’aumento della sanzione penale
La legge n. 262 dispone pure il raddoppio di tutte le pene previste dal TUF, nei limiti previsti dal codice penale (art 39 comma 1); non si chiarisce, tuttavia - come invece si fa per le sanzioni amministrative (comma 3) - se da questo aumento sono escluse le fattispecie modificate dalla medesima legge (tra le quali, appunto, l’art 173 bis) il quale, a ben vedere, inoltre, è fattispecie introdotta ex novo e non semplicemente modificata dalla legge 262.
Dal raddoppio in questione deriverebbe una pena compresa tra due e dieci anni di reclusione.
La confisca
L’art 2641 c.c. prevede la confisca, anche per equivalente, del prodotto/profitto/beni utilizzati per commettere il reato, in seguito alle condanne (o patteggiamenti) per tutti i delitti previsti nel Titolo XI del Libro V del codice civile.
Il falso in prospetto non è più disciplinato in quella sede, ma nel TUF, il quale non prevede, in questa ipotesi, la confisca. Si può applicare la figura generale di cui all’art 240 c.p., che tuttavia non contempla il patteggiamento e la confisca per equivalente.
La delega per l’introduzione di sanzioni accessorie
L’art. 40 della legge 262/2005 delega il Governo ad adottare, entro sei mesi dalla sua data di en-trata in vigore, uno o più decreti legislativi per l’introduzione di sanzioni accessorie alle sanzioni penali e amministrative applicate – per quel che qui interessa - ai sensi del titolo XI del libro V del codice civile, del TUF (quindi anche per il falso in prospetto) e del Testo Unico Bancario, nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi:
a) applicazione delle sanzioni accessorie e determinazione della loro durata, comunque non su-periore a tre anni, in ragione della gravità della violazione, valutata secondo i criteri indicati dall’articolo 133 del codice penale, o della sua reiterazione;
b) previsione della sanzione accessoria della sospensione o della decadenza dalle cariche o dagli uffici direttivi ricoperti presso banche o altri soggetti operanti nel settore finanziario, ovvero dal-le cariche o dagli uffici direttivi ricoperti presso società;
c) previsione della sanzione accessoria dell’interdizione dalle cariche presso banche e altri in-termediari finanziari o dalle cariche societarie;
d) previsione della sanzione accessoria della pubblicità della sanzione pecuniaria e accessoria, a carico dell’autore della violazione, su quotidiani e altri mezzi di comunicazione a larga diffusio-ne e nei locali aperti al pubblico delle banche e degli altri intermediari finanziari presso i quali l’autore della violazione ricopra cariche societarie o dei quali lo stesso sia dipendente;
e) previsione della sanzione accessoria della confisca del prodotto o del profitto dell’illecito e dei beni utilizzati per commetterlo, ovvero di beni di valore equivalente;
f) attribuzione della competenza ad irrogare le sanzioni accessorie alla medesima autorità com-petente ad irrogare la sanzione principale.
La delega per il recepimento della Direttiva 2003/71/CE
L’art 12 della legge 262 delega il Governo ad adottare entro 18 mesi dalla sua entrata in vigore, un decreto legislativo per il recepimento della Direttiva 2003/71/CE sul prospetto da pubblicare per l’offerta pubblica o l’ammissione alla negoziazione di strumenti finanziari.
Tale d.lg. dovrà prevedere, oltre ad una specifica disciplina sulla responsabilità civile per le in-formazioni contenute nel prospetto e ferme restando le sanzioni penali per la fattispecie qui pre-vista, anche sanzioni amministrative pecuniarie per la violazione dell’obbligo di pubblicazione dello stesso (oltre alla possibile pubblicazione della sanzione e all’esclusione del pagamento in misura ridotta); tale d.lg. dovrà prevedere che se le violazioni siano commesse da persone giuri-diche, queste ultime possano essere sanzionate, con obbligo di regresso verso le persone fisiche responsabili delle violazioni, affidando la competenza sanzionatoria alla Consob.
Il Consiglio dei Ministri del 6 ottobre 2006 ha proposto ed ha all’esame un decreto legislativo di Attuazione della direttiva 2003/71/CE relativa al prospetto da pubblicare per l'offerta pubblica o l'ammissione alla negoziazione di strumenti finanziari, che modifica la direttiva 2001/34/CE.