Il Supremo Collegio nega il risarcimento del danno e la restituzione delle somme all’investitore in quanto l’operazione di acquisto di “Cirio bond” era stato effettuato sulla base di un contratto quadro concluso con la Banca e non in forza di un contratto di collocamento di strumenti finanziari stipulato fuori sede, di cui all’art. 30 TUF.
 

Ma per meglio comprendere le ragioni della Corte si rende necessario ripercorrere brevemente i fatti.
 

L’investitore ha convenuto in giudizio davanti al Tribunale di Milano la Banca e il promotore finanziario abilitato all’offerta fuori sede di servizi di investimento, per sentir dichiarare la nullità, l’annullabilità o la risoluzione per inadempimento dei contratti di acquisto di “bond” Cirio, stipulati con la Banca convenuta a mezzo del promotore finanziario, e sentirli quindi condannare alla restituzione del capitale investito, oltre al risarcimento del danno.

Il Tribunale ha dichiarato la carenza di legittimazione passiva del promotore finanziario ed ha accolto la domanda proposta dall’attore nei confronti della Banca, condannandola alla restituzione delle somme ricevute, mentre ha respinto la richiesta risarcitoria.
 

Avverso detta sentenza ha proposto appello la Banca, per ottenerne la riforma integrale, nonché l’investitore, in via incidentale, per ottenere anche la condanna dell’istituto di credito al risarcimento del danno.

La Corte d’Appello di Milano ha accolto l’impugnazione proposta dalla Banca, così respingendo la richiesta risarcitoria avanzata dall’investitore nonché la domanda restitutoria del capitale investito formulata in primo grado.

In sintesi queste sono le motivazioni della Corte d’Appello, condivise dalla Corte di Cassazione a) l’acquisto dei titoli in questione sarebbe intervenuto in esecuzione di contratti che costituirebbero attuazione di un negozio “quadro” intervenuto fra l’investitore e la Banca; b) pertanto, e contrariamente a quanto ritenuto dal primo giudice, nella specie non sarebbe stato applicabile l’art. 30 TUF, poiché l’operazione per cui è causa non rientra nella nozione del collocamento di strumenti finanziari ivi disciplinata; c) sarebbe insussistente il denunciato difetto di forma, consistente nell’avvenuta sottoscrizione in bianco dei fogli d’ordine che avevano dato causa all’acquisto dei titoli; d) sarebbero altresì insussistenti gli ulteriori vizi comportamentali segnalati, individuati nell’inosservanza dell’obbligo di trasparenza, nell’effettuazione di offerta di titoli riservati ad investitori istituzionali, nella rischiosità dei prodotti negoziati, risultando al contrario provato il corretto comportamento dei dipendenti della Banca.
 

Partendo dalla condivisione delle motivazioni della Corte d’Appello, il Supremo Collegio ha avuto modo di precisare che l’art. 30, comma I, TUF definisce l’offerta fuori sede, stabilendo che per essa devono intendersi la promozione ed il collocamento presso il pubblico di strumenti finanziari e/o di servizi ed attività di investimento in luogo diverso dalla sede legale di colui che opera per sollecitare l’investimento; e/o in luogo diverso dalla sede di colui agisce per la realizzazione del servizio o dell’attività.

Il successivo comma VI del citato art. 30 TUF prevede la sospensione per la durata di sette giorni dell’efficacia dei contratti di collocamento o di gestione di portafogli individuali eventualmente conclusi, nonché la nullità del relativo negozio traslativo, nell’ipotesi di omessa comunicazione all’investitore del suo diritto di avvalersi della facoltà di recesso entro sette giorni (comma VII).

Nella sentenza in commento la Corte ha precisato che il diritto di recesso previsto dal comma VI art. 30 TUF non si applica a tutte le fattispecie di promozione e collocamento definite al comma I del medesimo articolo, ma solo ai contratti di collocamento e prestazione di servizi di investimento inerenti la gestione di portafogli individuali.

Ebbene secondo la Corte di Cassazione, poiché nel giudizio di merito non è stato contestato che l’operazione di acquisto dei “Cirio bond” era stata effettuata in forza di un contratto quadro antecedentemente stipulato tra investitore e Banca e non nell’ambito di una gestione di portafogli individuale, alla fattispecie non è applicabile la disciplina del diritto di recesso.

In particolare, il connotato saliente del richiamato accordo tra investitore e Banca sarebbe individuabile nella predeterminazione del contenuto per uno solo dei contraenti, vale a dire la Banca, obbligatasi allo svolgimento dell’attività sopra indicata, essendo viceversa libero l’investitore “di attivare l’obbligo di fare della controparte attraverso la sottoscrizione di ordini”.

Pertanto – secondo la Corte – la fattispecie contrattuale non è riconducibile alla prestazione di un servizio di collocamento, bensì ad un contratto stipulato dall’investitore con soggetto determinato e a condizioni non predeterminate, condizioni che varrebbero ad escludere, anche in via del tutto astratta ed ipotetica, la stessa configurabilità di un servizio di collocamento.

Per corroborare tale conclusione la Corte di Cassazione richiama le indicazioni fornite al riguardo in via generale dalla Consob, la quale, con comunicazione del 9.7.1997, ha precisato che il servizio di collocamento è caratterizzato da un accordo tra emittente (o offerente) e collocatore, finalizzato all’offerta al pubblico di strumenti finanziari a condizioni di tempo e prezzo predeterminate, precisazione poi ulteriormente confortata dall’art. 35 del Regolamento n. 11522, secondo il quale nel prestare il servizio di collocamento gli intermediari si attengono alle disposizioni dell’offerente, al fine di assicurare l’uniformità delle procedure di offerta.
 

Chiarito che la fattispecie in esame non rientra tra i servizio di investimento, né di collocamento di strumenti finanziari cui si applica il diritto di recesso previsto dall’art. 30, comma VI, TUF, la Corte individua due altri motivi per escludere dall’alveo di detta disciplina le negoziazioni come quelle oggetto di causa.

Innanzitutto, il comma VI dell’art. 30 TUF esclude la configurabilità dell’offerta fuori sede (pur nella sussistenza delle condizioni indicate nel comma I) quando questa sia stata effettuata nei confronti di clienti professionali, così confermando l’intento di tutela dell’investitore dal rischio di assumere iniziative poco meditate.

Inoltre, in ragione dell’esigenza di privilegiare una interpretazione che tenga conto degli effetti eccezionali della disposizione (l’efficacia dell’accordo è infatti sospesa ex lege per la durata di sette giorni, termine entro il quale l’investitore può esercitare il diritto di recesso) e dei riflessi che la stessa è potenzialmente idonea a determinare.

Infatti secondo la Corte il riconoscimento del diritto di recesso anche nel caso di negoziazione significherebbe consentire all’investitore, al di fuori delle sopra indicate ragioni che hanno indotto alla formulazione della disposizione, di beneficiare del differimento del termine iniziale di decorrenza del negozio in funzione dell’eventuale esercizio del detto diritto (fra l’altro non riconosciuto all’altro contraente), esercizio che, nel caso di preventivo mandato in favore dell’intermediario per la conclusione di negozi alle condizioni più favorevoli, ben potrebbe essere sollecitato anche da motivi di interesse economico, quali quelli determinati dalla possibilità di concludere acquisti di maggiore convenienza, per effetto di mutate situazioni di mercato.
 

Alla luce delle argomentazioni sopra illustrate, il supremo Collegio ha dunque escluso che il contratto in forza del quale era stata effettuato l’acquisto delle obbligazioni Cirio potesse rientrare nell’alveo di applicazione dell’art. 30 TUF, e dunque ha confermato la sentenza della Corte d’Appello che aveva ritenuto valido ed efficace detto contratto, non essendo vincolato ai requisiti di forma previsti dal medesimo art. 30 per i contratti conclusi fuori sede (e segnatamente l’obbligo di esplicitare il diritto di recesso entro sette giorni), negando pertanto la sussistenza di qualsivoglia omissione comportamentale a carico della Banca e dei suoi collaboratori e/o dipendenti.