La legge 590 del 26 maggio 1965 n°590 “Disposizioni per lo sviluppo della proprietà coltivatrice” pubblicata nella Gazzetta ufficiale n°142 del 9 giugno 1965 e la successiva legge 817 del 14 agosto 1971 n°817 “Disposizioni per il rifinanziamento delle provvidenze per lo sviluppo della proprietà coltivatrice” pubblicata nella Gazzetta ufficiale n°261 del 14 ottobre 1971 hanno sancito rispettivamente a favore del conduttore coltivatore diretto del fondo offerto in vendita e del proprietario coltivatore diretto confinante il diritto di prelazione in caso di vendita del fondo da parte del proprietario.

Le disposizioni sopra rammentate hanno anche introdotto una disposizione, applicabile in entrambe le ipotesi, che consente al soggetto titolare del diritto di prelazione di esercitare una apposita azione giudiziale, definita di riscatto, qualora non sia stato messo in condizione di esercitare il diritto spettantegli.

La lesione di tale diritto può avvenire in due distinte ipotesi: la prima è quella in cui il proprietario ometta di inviare la obbligatoria comunicazione con la proposta di alienazione del terreno, la seconda si verifica qualora, pur essendo stata inviata la proposta di alienazione ed il contratto preliminare, il prezzo indicato in questo contratto sia superiore a quello poi effettivamente risultante nel contratto definitivo di compravendita del fondo.

A tale proposito la giurisprudenza è intervenuta rilevando come lo scopo perseguito dal legislatore ed enunciato nel primo comma dell’art. 8 della legge 590/1965, di assicurare all’affittuario coltivatore diretto, in caso di alienazione a titolo oneroso del fondo, il diritto di prelazione a parità di condizioni rispetto agli altri eventuali acquirenti, comporta il riconoscimento del succedaneo diritto di riscatto non solo nelle due ipotesi, espressamente previste nel comma quinto dell’art. 8, ma anche in tutte le ipotesi di sostanziale inosservanza da parte del proprietario dell’obbligo di preferenza dell’affittuario con dolosa alterazione della parità delle reali condizioni di acquisto, e così pure nel caso in cui, pur non essendoci divergenza tra il preliminare notificato ed il contratto definitivo stipulato con il terzo, il prezzo indicato risulti superiore a quello dissimulato effettivamente pattuito tra le parti, così che ne risulti pregiudicata la valutazione da parte dell’avente diritto alla prelazione circa la convenienza o meno dell’esercizio.

L’esercizio di tale azione di riscatto deve avvenire, a pena di decadenza, entro un anno dalla data in cui il contratto definitivo di compravendita del fondo è stato trascritto.

E’ stato affermato dalla Suprema Corte che il termine di un anno decorrente dalla trascrizione del contratto di compravendita ha natura perentoria e non ordinatoria e prescinde, quindi, dai motivi che in concreto abbiano determinato l’impossibilità di esercitare l’azione di riscatto.

Il soggetto che esercita l’azione di riscatto agrario deve essere in possesso dei requisiti soggettivi ed oggettivi richiesti dalla legge per l’esercizio della prelazione agraria e quindi per il conduttore coltivatore diretto, oltre al possesso di tale requisito, anche la coltivazione almeno biennale del fondo offerto in vendita, il non aver venduto, nel biennio precedente, altri fondi rustici di imponibile fondiario superiore a lire mille, e che il fondo per il quale intende esercitare la prelazione in aggiunta ad altri eventualmente posseduti in proprietà od enfiteusi non superi il triplo della superficie corrispondente alla capacità lavorativa della sua famiglia.

Per quanto concerne il diritto di riscatto del confinante coltivatore diretto,la compravendita deve avere per oggetto un fondo sul quale non siano insediati mezzadri, coloni, affittuari, compartecipanti od enfiteuti, oltre alla sussistenza dei requisiti indicati per l’esercizio del diritto di prelazione da parte del conduttore coltivatore diretto.

Il valido esercizio del diritto di riscatto è condizionato alla permanente sussistenza dei requisiti soggettivi ed oggettivi previsti dalla legge, con riferimento sia al momento della conclusione della compravendita del fondo tra proprietario e terzo, sia al momento in cui avviene la ricezione, da parte del retrattato, della dichiarazione di riscatto da parte del detraente.

Il giudice, in caso di controversia sull’esercizio del riscatto, è tenuto ad accertare la sussistenza dei requisiti con riferimento a tali momenti, senza che possano influire eventi avvenuti successivamente sopravvenuti nel corso del processo.

Se il soggetto pretermesso vede accolta la sua domanda  in sede giudiziale l’acquirente che subisce il riscatto avrà la possibilità di ottenere il risarcimento del danno subito da parte del venditore del fondo.

La responsabilità del venditore deve essere inquadrata nell’ambito della responsabilità per evizione disciplinata dall’art.1483 c.c. secondo il quale il compratore che subisce l’evizione totale della cosa per effetto di diritti che un terzo ha fatto valere su di essa, può richiedere al venditore il risarcimento del danno. Tale danno, in conformità con il disposto dell’art.1479 c.c., dovrà essere circoscritto nei limiti del cosiddetto interesse negativo costituito principalmente dalla restituzione del prezzo e dal rimborso delle spese di vendita, salvo che sussista il dolo o la colpa del venditore.

Una notazione importante da fare è quella relativa alla competenza per le cause in materia di riscatto agrario: esse non rientrano tra quelle devolute alla competenza delle sezioni specializzate agrarie, ma appartengono alla competenza del giudice ordinario, non implicando l’applicazione di norme sul rapporto di affitto, la cui esistenza è uno dei presupposti di fatto dell’operatività dell’istituto che, al pari di altri, può essere oggetto di accertamento incidenter tantum  da parte dello stesso giudice non specializzato, se non ricorrono condizioni particolari che richiedono un accertamento con efficacia di giudicato.

Per quanto concerne il soggetto contro il quale deve essere instaurata l’azione di riscatto, legittimato passivo è esclusivamente l’acquirente del fondo; quest’ultimo, naturalmente, ha la possibilità di chiamare in giudizio il venditore formulando una richiesta di manleva o esercitando contro di lui una domanda di risarcimento danni.