Di fronte all’esigenza dei professionisti italiani di esplorare nuove forme di esercizio dell’attività professionale, come ad esempio quella societaria, capaci di contrastare la concorrenza esercitata da soggetti professionali stabiliti in altri Paesi UE ben più attrezzati sul piano delle disponibilità finanziarie e strumentali, finalmente l’articolo 10 della legge di stabilità n. 183/2011, abrogando la legge previgente, ha previsto la possibilità, a far data dal 1°gennaio 2012, di costituire società tra professionisti (Stp), ovvero le società già esistenti, che abbiano ovviamente un oggetto diverso da quello professionale, potranno essere trasformate in Stp con oggetto professionale.
Come si leggeva nella Relazione al Decreto Sviluppo, l’Italia era uno dei pochi Stati membri a vietare ai professionisti iscritti a Ordini o Albi professionali, salve rare eccezioni, di esercitare la loro professione in forma societaria, divieto incomprensibile alla luce delle sollecitazioni a rimuoverlo espresse dall’Antitrust, a sua volta ispirato dai recenti indirizzi dell’OCSE, della Commissione Europea e della Corte di Giustizia Europea, nonché in contrasto con i contenuti della direttiva 2006/123/CE, relativa ai servizi nel mercato interno e in particolare con quelli espressi dai Considerata 65, relativo alla libertà di stabilimento, e 73, relativo a prestatori particolari.
Le società tra professionisti, finalizzate all’esercizio di attività professionali regolamentate nel sistema ordinistico, potranno seguire modelli societari regolati dai titoli V e VI del libro V del codice civile. Di talché potrà essere utilizzata indifferentemente la forma della società semplice, della società in nome collettivo, in accomandita semplice, di capitali o anche della società cooperativa. Dalla scelta del tipo sociale deriva ovviamente l'applicazione delle regole relative a ciascuna forma: ad esempio, le norme in tema di responsabilità patrimoniale dei soci, di dotazione patrimoniale minima, di strutturazione organica della società.
La denominazione della società deve contenere l’espressione “società tra professionisti”, al fine di evidenziare la loro particolare natura rispetto alle società "normali" (avremo quindi, ad esempio, la "Alfa società per azioni tra professionisti").
L’atto costitutivo della società tra professionisti deve prevedere l’esercizio in via esclusiva dell’attività professionale da parte dei soci. Proprio per questo, una delle forme più idonee è quella della società semplice, stante la sua intrinseca natura non commerciale.
Devono poi essere fissati nell’atto costitutivo i criteri e le modalità affinché l’esecuzione dell’incarico professionale conferito alla società sia eseguito solo dai soci professionisti e la designazione del socio professionista sia compiuta dall’utente. La legge stabilisce, infatti, che l'esecuzione dell'incarico professionale conferito alla società professionale va svolto solo dal socio professionista designato dal cliente; in mancanza di questa designazione, la scelta del professionista è effettuata dalla società e deve essere comunicata per iscritto al cliente. Ma sul punto la legge preannuncia un regolamento attuativo del ministro dello Sviluppo economico.
Alla luce della nuova normativa, sono possibili le società multi professionali, anche se resta da capire come reagiranno a questo ampio raggio di libertà gli ordinamenti professionali che oggi impongono incompatibilità tra una professione e l'altra. Il nodo dovrà essere sciolto con un regolamento del ministro dello Sviluppo economico, il quale dovrà anche disporre norme in tema di iscrizione delle Stp negli Albi professionali nonché di applicazione alle Stp del procedimento disciplinare in caso di violazioni deontologiche.
Viene inoltre espressamente disposta dalla nuova disciplina l'incompatibilità con "la partecipazione ad altra società tra professionisti": a riguardo, non facendo la legge distinzioni, si può dedurre che tale divieto sussiste sia per il professionista sia per il socio non professionista.
Tra gli elementi di criticità della legge n. 183/2011, vi è sicuramente la possibilità per un soggetto radiato dall’ordine per motivi disciplinari di diventare socio di una società di professionisti. Il comma 4 lettera b dell’articolo 10 della predetta norma prevede, infatti ,l'ammissione in qualità di soci, non solo dei professionisti iscritti a Ordini, Albi e Collegi, anche in differenti sezioni, nonché dei cittadini degli Stati membri dell'Unione Europea, purchè in possesso del titolo di studio abilitante, ma anche di “soggetti non professionisti soltanto per prestazioni tecniche, o per finalità di investimento”. Da qui la possibilità per il radiato di diventare socio di una Stp, come socio di capitale, magari in posizione dominante, atteso che la legge, peraltro, tace sulla ripartizione del capitale tra professionisti e non.
Tale possibilità è estremamente pericolosa, atteso che la sanzione della radiazione è prevista in ipotesi di gravi violazione al codice deontologico dell’ordine di appartenenza. Ad esempio, ai sensi del regio decreto n.1578 del 27 novembre 1933 sull’Ordinamento delle Professioni di avvocato e procuratore, importano di diritto la radiazione dagli Albi l'interdizione perpetua dai pubblici uffici o dall'esercizio della professione di avvocato o di procuratore; la condanna per uno dei reati preveduti negli articoli 372, 373, 374, 377, 380 e 381 del codice penale (articolo 42). La radiazione è altresì pronunciata contro l'avvocato o il procuratore che abbia comunque, con la sua condotta, compromesso la propria reputazione e la dignità della classe forense (articolo 41).